29 agosto 2006

LO ZEN e l’arte di nutrirsi secondo lo yin e lo yang. La “Macrobiotica” svelata.

Legumi in forma di simbolo zen macrobioticaVoce del “Dizionario delle Medicine Naturali”
MACROBIOTICA
di NICO VALERIO
Dizionario delle Medicine Naturali
Ed. Aporie, 1992
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Macrobios, per gli antichi Greci, è l'uomo di lunga vita (macros = lungo, bios = vita), e i Macrobii erano un popolo che abitava l'Etiopia. Il termine macrobiotica è coniato ai primi dell'800 da C.W. Hufeland, un medico ippocratico e naturista tedesco, per denotare la dieta vegetariana salutista che allora cominciava a far capolino in Europa. Più di un secolo dopo, alla fine degli anni '50, "macrobiotica" diventa la dieta elaborata per gli occidentali dal giapponese Sakurazawa Nyoiti (che in Europa e negli Usa si fa chiamare George Ohsawa) sulla base dell'antica regola dei monaci buddisti Zen, gli ultimi ad applicare rigorosamente la dialettica Yin-Yang al cibo. Nel Giappone laico e in tutto l'Oriente, però, si mangia, e probabilmente si è sempre mangiato, in modo ben diverso e più vario.

Alla base della macrobiotica ci sono lo Yin e lo Yang. La filosofia Zen concepisce l'universo perennemente percorso da forze in equilibrio tra loro. Ogni energia oscilla tra due opposti, come un pendolo. Il caldo si oppone al freddo, la notte al giorno, il femminile al maschile e così via. Le due forze opposte che tendono a compensarsi sono lo Yin e lo Yang. Sono Yang il sole, il giorno, il fuoco, il caldo, la luce, l'uomo, il cielo ecc. La tendenza è verso l'espansione, l'ascesa al cielo. I loro opposti sono Yin: la luna, la notte, l'acqua, il freddo, il buio, la donna, la terra ecc. La tendenza è verso la contrazione, la discesa verso il basso. Ma Ohsawa, stranamente, modifica nella sua teoria riservata all'Occidente i termini ultimi dello Yin-Yang. Crede più opportuno, per farsi apprezzare in Europa e in America, considerare secondo la filosofia occidentale la terra attiva, creativa (Yang) e il cielo passivo, ricettivo (Yin). Insomma, inverte i poli di una filosofia millenaria: Yang diventa contrazione, Yin espansione.

Al primissimo posto Ohsawa pone il riso integrale, che dovrebbe essere ogni giorno sulla tavola. Poi vengono gli altri cereali completi. È curioso che ai seguaci d'Europa e d'America il "maestro" prescriva il cereale più comune in Oriente. La scienza, però, definisce il riso il più povero di tutti i cereali per quantità di proteine (7,6 g per 100 g, invece dei 13 g del frumento duro e dei 12,1 del frumento tenero), anche se di valore biologico un po' più elevato di quello del frumento (indice chimico FAO: 59 invece di 49). È anche il più amidaceo, con 78,8 g di carboidrati totali, in luogo dei 68,7 g dell'avena e dei 75,6 del frumento tenero. Quindi è il più sbilanciato in termini nutrizionali. Eppure, per. Ohsawa è "il più bilanciato" tra Yin e Yang, nella scala degli alimenti.

Per anni il riferimento, la guida più seguita, è la tabella con le sette diete di Ohsawa che in un crescendo di elevazione spirituale si conclude con la famosa (o famigerata, secondo i punti di vista) dieta n. 7: solo riso integrale, mattina e sera. Dieci giorni di dieta n. 7, assicura Ohsawa, possono curare qualsiasi malattia, compreso il cancro; purché corpo e spirito siano intimamente uniti nell'ascesi. Si possono immaginare le reazioni dei medici .e degli scienziati: ne parleremo più avanti.

La distinzione tra i due principi Yin e Yang ha influenze immediate e determinanti sul cibo e serve a scegliere non solo i singoli alimenti ma anche i modi di preparazione e di cottura, la prevalenza dei sapori, le quantità indicative.Una donna pletorica, grassa, che soffre di ritenzioni idriche, oppure freddolosa, cioè molto Yin, ricorrerà ai cibi e alle modalità Yang, per esempio al miglio o al grano saraceno, ma prima saltati in padella o leggermente tostati con poco olio di sesamo (per "yanghizzarli" ancora di più) e poi cotti in acqua, meglio se in pentola di coccio, fino a che il liquido sia sparito e i chicchi siano quasi secchi e dorati. All'opposto, un ometto secco e magro oppure caloroso farà in modo che prevalgano gli alimenti Yin, concedendosi perfino il lusso di un'insalata o di un frutto in più (rari e quasi vietati in macrobiotica).

Al contrario di quanto si potrebbe immaginare, i due poli della macrobiotica non hanno lo stesso peso pratico. Nella realtà quotidiana (alimentazione e terapia) finisce per prevalere quasi sempre l'elemento Yang. Basti pensare che Ohsawa ha considerato Yin gran parte delle malattie, i farmaci chimici, l'alcol, il tabacco, le droghe, l'inquinamento ecc. Tutte cose che vanno evitate. Ma anche il miele, la frutta, le insalatine fresche e tenere, il latte, il cibo crudo in genere, sono Yin. E infatti il vero macrobiotico li usa poco o nulla. Sono Yang, invece, molti dei cibi e dei metodi più cari alla macrobiotica: il sale, le conserve salate, le salse di soia, i cereali, la frittura, l'eccesso di cottura (perfino della frutta, e per i cereali anche un'ora e mezza), la tostatura. Come mai? Perché la vita moderna, con le sue abitudini sbagliate (dolci, alcol, cibi artificiali, eccesso di cibo ecc.) è troppo Yin, rispondono Kushi e Ohsawa.

I profani li prendono per vegetariani, ma sbagliano. I macrobiotici, anzi, sono i soli tra i praticanti dei vari regimi naturali che potrebbero in teoria mangiare carne e pesce ogni giorno, se solo riuscissero a bilanciarli. Non ha detto Ohsawa che proibire questo o quel cibo va bene solo per chi non è capace di apprendere la teoria vera, profonda, della macrobiotica? "Con la macrobiotica voi potete mangiare tutto ciò che vi piace". Già, ma prima dovreste diventare davvero macrobiotici e così i vostri gusti cambierebbero. Non è raro, però, imbattersi in macrobiotici che usano "festeggiare" le grandi ricorrenze con pietanze di carne, possibilmente di origine naturale. Si tratta, nota Abehsera, soltanto di una "concessione ai desideri sensuali degli uomini", nient'altro. L'ideale Zen è vegetariano. Di "concessioni", del resto, la macrobiotica è piena. Lo stesso Ohsawa fumava sigarette, il che è perlomeno strano in un igienista. Di fatto, però, ancora fino agli anni '70, la dieta ordinaria era di riso integrale, frumento, alghe e derivati della soia in salamoia, più eventuali contorni (zucca, frutta cotta ecc.).

Poi, negli anni 80, la grande crisi del modello Yin-Yang e la riscoperta di massa della frutta, della verdura, del crudismo e delle vitamine, tutte cose che Ohsawa aveva sempre tenuto lontano. Erano gli anni in cui i ristoranti dello Yin e dello Yang chiudevano i battenti a centinaia, in Europa e in America. Altri, per non chiudere, aggiungevano nell'insegna la rassicurante etichetta "alimentazione naturale", un po' come mea culpa ideologico e un po' per calcolo commerciale. Nell'ultimo decennio, grazie anche alle obiezioni dei medici e dei naturisti, Michio Kushi, il più fortunato allievo di Ohsawa, ha cercato di dare della macrobiotica una interpretazione "dal volto umano" e con qualche pretesa di scientificità che però - come diremo più avanti - lascia ancora molto perplessi dietologi e nutrizionisti.

Quali sono i pregi e i difetti della macrobiotica? È certo il regime alimentare più esoterico e meno scientifico ("i chicchi cotti sul fondo sono più Yang, gli altri più Yin", " le crocchette di riso triangolari sono più energetiche, perché si forma una corrente di energia tra le umeboshi e i vertici del triangolo"). Ha, però, almeno il merito di aver riproposto fino a farne una moda, quei cereali integrali e biologici che i naturisti d'Europa e d'America consigliavano da decenni. È utile per la cura posta nella masticazione, che la avvicina alle teorie di H. Fletcher, consentendo così di mangiare di meno e quasi sempre di dimagrire, anche per la relativa monotonia delle preparazioni gastronomiche.

Ha il pregio, desunto dalla tradizione giapponese, degli alimenti vegetali trasfor­mati, ma con tecnologie semplici (tofu, miso, salse di soia, tempeh, natto) fino a surrogare alcuni alimenti animali. Il che può essere utile ad alcuni vegetariani, ma può sollevare obiezioni in chi segue l'alimentazione naturale ("troppi cibi artificiali").

Per il resto è un coro di critiche e opposizioni scientifiche. Se è praticata in modo stretto e rigoroso, come insegna Ohsawa, senza cioè gli aggiustamenti naturistici visti negli ultimi tempi (frutta e verdure cotte, latticini ecc.), la macrobiotica e "un regime molto pericoloso per la salute" (Istituto Nazionale della Nutrizione), "una accozzaglia di strani precetti"; un insieme di "pseudo concetti dietetici" che si pretende di avallare con credenze filosofico-religiose (E. Djalma Vitali, Incontri di educazione alimentare per insegnan­ti, INN 1978).

Le carenze nutrizionali sono troppe. Lo sbilanciamento è davvero eccessivo. La scarsità dei liquidi, la quasi totale assenza di frutta cruda e verdure crude (mancanza di vitamine, clorofilla, sali, oligoelementi, enzimi preziosi, acidi organici), l'eccesso di sale, conserve salate e salse salate (troppo sodio rispetto al potassio), la mancanza di latte e latticini (difetto grave di calcio biodisponibile), la quasi assenza di proteine di alto valore biologico, l'eccesso di cottura, frittura e tostatura (in contrasto con la dietologia moderna e con la prevenzione di cardiopatie e cancro), sono elementi gravi che già da soli dovrebbero bastare per definire la macrobiotica " la più pericolosa fra tutte le manie alimentari" (Eat better, live better, ed. italiana: Mangiare meglio per vivere meglio, a cura dell'INN, Milano 1978). La macrobiotica viene definita come "dieta terapeutica" dal suo inventore, il quale così scrive nel libro Le Zen macrobiotique (trad. it.: La dieta macrobiotica, Roma 1968): "Ho visto malattie incurabili come paralisi di ogni tipo, lebbra, epilessia, guarire in dieci giorni. Qualsiasi malattia deve essere guarita in dieci giorni, perché viene dal sangue, di cui noi eliminiamo un decimo ogni giorno: di conseguenza un'alimentazione adeguata rinnoverà il nostro sangue entro dieci giorni". " Il cancro è la malattia più Yin ed è facilissimo a guarirsi. Lo specifico è il gran saraceno". Anche la dieta 7 dovrebbe "curare il cancro" e "prevenire le appendiciti".

In realtà nella letteratura medica non esiste una sia pur minima prova scientifica di guarigioni così miracolose. Al contrario, i problemi di una tale dieta sono numerosi e perfino la ben nota attività preventiva dei cereali integrali (stipsi, appendiciti, emorroidi, diabete, varicosi, cancro al colon ecc.) viene neutralizzata dai gravi rischi non solo di osteoporosi ma anche di ipertensione e malattie di cuore causati dalla scarsità di calcio assimilabile (McCarron, Morris e Cole); dal pericolo di ipertensione, malattie di cuore e ritenzioni idriche per eccesso di sodio (Sodi Pallares; Krishna su New England Journal of Medicine; Weber e Laragh in Hypertension: current therapy); dal rischio di cancro dello stomaco, dell'esofago e della bocca, causato da salatini (conserve vegetali), salse di soia e sale (Stich, della Environmental Carcinogenis Unit, e Società internazionale di oncologia). Per di più, l'abuso di cottura e tostatura è tendenzialmente cancerogeno; lo stesso si può dire per il sesamo (molto usato in macrobiotica al naturale o come tahin e halva) a causa del sesamolo (Ambrose, Cox e De Ens).

In pediatria, e non solo, sono state riscontrate carenze nutrizionali gravi (proteine, sali e vitamine). In Olanda, P.C. Dagnielie ha trovato in bambini macrobiotici dai 10 ai 20 mesi meno vit. BI2, meno ferro e più anemie; mentre negli Stati Uniti, in uno studio del New England Medicine Center di Boston su 52 bambini in età prescolare, i bambini macrobiotici hanno rivelato meno vit. D, meno calcio e meno fosforo. In questa indagine sono stati anche riscontrati più fenomeni di rachitismo rispetto ai bambini vegetariani non macrobiotici (N. Valerio, L'alimentazione naturale, nuova ed. 1992, Milano).

Così terminava la voce originale "Macrobiotica" nel Dizionario delle Medicine Naturali (Aporie 1992). Ma la monografia più completa e più recente sulla Macrobiotica, con molti studi scientifici riportati. è leggibile nel blog Alimentazione Naturale.

AGGIORNATO IL 2 LUGLIO 2015

JAZZ. Il bellissimo gruppo dei McKinney's Cotton Pickers (con un interessante assolo al sax tenore di Coleman Hawkins), in Wherever There's A Will Baby. Musicisti: Don Redman, cl, as, bar, v, a, dir: Joe Smith, Sidney de Paris, Leonard Davis, t / Claude Jones, tb / Benny Carter, cl, as / Coleman Hawkins, Theodore McCord, cl, ts / Fats Waller, p / Dave Wilborn, bj / Billy Taylor, bb / Kaiser Marshall, d. New York, November 7, 1929.

27 agosto 2006

ALIMENTAZIONE. Su La Repubblica la prima inchiesta sul cibo “naturale”.

Verdure e frutta, semi e legumi (disegno) UN’INCHIESTA “STORICA”, MA DATATA. OGGI NON MI RAPPRESENTA PIU’… Sembra preistoria: nel lontano 1978 un giornale critico come La Repubblica, secondo quotidiano italiano, dedica diverse pagine a una mia inchiesta sul cibo sano, analizzando e facendo conoscere al pubblico tutti gli aspetti dell’alimentazione naturista o “naturale”, come la definivo per comodità di comunicazione. Era la prima volta in Italia.

Un’attenzione del genere mai era stata dedicata in precedenza al problema della critica, anzi dell’alternativa all’alimentazione corrente, tanto più da parte di organi di stampa seri e accreditati, addirittura appartenenti alla Sinistra (il che voleva dire allora – soltanto allora, ahimè – letti anche da “intellettuali”). Basti dire che pochi anni dopo, l’intellettuale laico di sinistra Enzo Forcella, direttore di Radio Tre e persona che perfino io liberale ammiravo, rifiutò un’inchiesta simile in radio. Il tema era considerato “futile”, mi fece capire da una smorfia, cioè non “alto”, “non politico”, non abbastanza “culturale”, interpretai io. E invece, no, è anche “politico” e culturale, in senso antropologico. Ma si vede che il grande Forcella, sotto sotto era idealista, o non conosceva Feuerbach, o non sapeva che la scienza cominciava allora a occuparsi della “vile” materia. Comunque, molto meglio quegli intellettuali della Sinistra degli anni 70, dotati di rigore e nobiltà quasi come vecchi liberali, e perciò capaci di idee forti, ancorché discutibili e limitati da qualche pregiudizio, piuttosto che i dirigenti, giornalisti, programmisti radio-tv, editori e politicanti senza idee e perciò buoni a nulla ma capaci di tutto che vediamo oggi a Destra, Centro, Sinistra, e anche tra coloro che criticano tutti.

Insomma, fu un evento doppio che Repubblica dedicasse varie pagine al nuovo tema, accettando in toto la mia scaletta. Un grande servizio giornalistico che fece rumore in tutt’Italia. Ne ero contento e anche un po’ meravigliato. Il successo dell’inchiesta convinse l’anno dopo la Mondadori (allora di proprietà del medesimo editore della Repubblica) ad accettare la mia proposta di pubblicare negli Oscar il primo manuale in Italia sull’argomento: “L’alimentazione naturale”.

Eppure, a distanza di decenni e dopo aver pubblicato una decina di manuali sul tema, rileggere oggi questa inchiesta, un po’ seria, un po’ ironica, mi crea imbarazzo. Insomma, non mi riconosco più in una buona metà, almeno, delle cose che scrivevo. Ho cambiato idea? Neanche per sogno. È che dopo, solo dopo la pubblicazione di questa inchiesta-bomba, visto il successo pensai che valeva la pena investire in studio, e cominciai a studiare biologia e nutrizione, e a cercare le prove sugli studi scientifici originali. Che a quei tempi erano pochi, pochissimi (allora perfino i ricercatori la pensavano come Forcella, e disdegnavano di occuparsi di cipolle, sedano e fiocchi d’avena...), e anche mal impostati e mal controllati. Mentre oggi sono moltiplicati di migliaia di volte, e si tratta ormai di studi ben fatti, condotti su molte migliaia di persone, ben controllati e con tanto di doppio cieco. Oggi, anzi, c’è il boom di studi scientifici sugli alimenti, quasi una “moda” tra ricercatori. Sono studi che si possono condurre sull’uomo, su molti soggetti e a basso costo (p.es. tra il personale ospedaliero), che piacciono di più ai giornalisti e al pubblico e quindi sono più facilmente divulgati dagli uffici stampa delle riviste scientifiche, e così attirano più finanziamenti dall’industria, non solo farmaceutica, ma anche alimentare.

L’esplosione di studi ha però cambiato la materia stessa. I nuovi studi hanno fatto piazza pulita non dei princìpi dell’alimentazione sana e naturale, che sono antichi quasi quanto l’Uomo, ma delle tante leggende, fisime e stranezze inventate dai vari sedicenti terapeuti, guaritori, cultori fanatici e anche medici naturisti tra Ottocento e Novecento, quindi in tempi moderni. Sono loro che hanno reso o troppo “facilona” e superficiale, oppure complicata oscura e difficile tutta la materia, con motivazioni astruse, “regole” balzane esoteriche o “igieniste” inventate di sana pianta (quindi che non hanno niente a che fare con gli Antichi), oppure regole d’epoca smentite dalla scienza moderna, o ancora divieti estremi per malati gravi ma estensi anche ai sani. Sono nate così le vere e proprie sciocchezze e fisime, come il no alla pentola a pressione (che degrada di meno non di più i princìpi attivi, perché si è scoperto che la durata della cottura è più distruttiva della temperatura), come la “frutta lontana dai pasti, perché fermenta” o la dieta dissociata, quando non solo gli Antichi mangiavano tutto insieme – v. ab ovo usque ad mala, minestrone ecc. – ma anche la scienza di oggi raccomanda il cibo misto e variato per tanti motivi, compresa l’azione antiossidante contro i radicali liberi di alcuni cibi.

Insomma, ripropongo questa inchiesta solo per curiosità “storica” e per testimoniare un’epoca in cui non solo non esistevano abbastanza studi scientifici sui cibi (e quei pochi era difficilissimo, costoso, spesso impossibile consultarli e fotocopiarli), ma non esistevano libri seri e scientifici in materia, tranne i soliti deludenti manuali di dietologia e chimica, e invece cominciavano ad apparire i libri dei vari “terapeuti” e agronomi “alternativi”, che io acquistavo a Londra e a Parigi. Pensate che in uno di questi, tradotto in Italia dalla Mondadori, un sedicente agronomo francese indusse in errore tutti noi assicurando con tanto di tabelle che alcuni i vegetali (germogli di cereali e anche germe di grano!) hanno, eccome, la vitamina B12. E certo, evidentemente, non aveva lavato bene i campioni da analizzare: erano sporchi, pieni di batteri (la B12 è prodotta per fermentazione di batteri).

Ma queste cose allora non si conoscevano. L’inchiesta ebbe un grande successo di critica e di pubblico. E mi spinse a studiare e a pubblicare libri sempre più documentati e sempre con meno errori.

Perciò l’inchiesta che ripubblico per nostalgia di quegli anni, ha ormai solo un valore storico e di costume.

Ed ecco l’inchiesta:

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Le due pagine centrali dedicate al “weekend in casa” le abbiamo riservate questa settimana a un argomento monografico: l’alimentazione naturale. Abbiamo voluto fare una specie di punto a proposito delle molte verità, ma anche dei molti miti che si sono accumulati negli ultimi tempi sui cibi genuini, sulle loro proprietà, sui presunti benefici effetti. Una guida, non priva di humour, per i lettori.

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NUTRIRSI CON SAGGEZZA: QUANTE VERITA’ E QUANTE FAVOLE SI DICONO SUI CIBI GENUINI

ALLA RICERCA DEL

CIBO PERDUTO

L’educazione che più ci manca è quella al mangiar sano. Sagge indicazioni ci vengono dalle tavole dei nostri avi.

NICO VALERIO, La Repubblica, 3 marzo 1978

000077 Se la Doxa o la Demoskopea chiedessero agli italiani «quali sono gli alimenti più adatti all’uomo», pochi saprebbero rispondere. Su questo tema c’è ignoranza anche a sinistra, nonostante che antichi filosofi materialisti e lo stesso Feuerbach abbiano dichiarato: «L’uomo è ciò che mangia».

Ma è vero, poi, che noi mangiamo «più naturale» di americani, tedeschi, inglesi e francesi, ormai allungati e gonfiati come polli di allevamento dalle vitamine sintetiche, con tutte le loro scatolette, patatine, Coca Cola, pizze all’amido?

Fortuna che noi, invece, mangiamo male come si mangiava male nell’America degli anni ’40-50; non come si mangia male oggi, nell’America del ’78. c’è una bella differenza, solo che seguiamo a distanza anche in questo. È un fatto, però, che senza bisogno di revival o mode retrò, oggi in Valtellina ancora si usa la polenta bigia di saraceno, nel Lazio la minestra di farricello degli antichi Romani, in Puglia il passato di fave con le cicorie. Pietanze che sgusciano dalle maglie dell’industria alimentare; nessuna multinazionale, Nestlè o Unilever che sia, ci può speculare sopra. Cibi per etruschi e sabini, fieri e un po’ tracagnotti, piatti ricchi di sapori e profumi della terra. Nelle testimonianze raccolte da Nuto Revelli nel suo Mondo dei vinti i vecchi piemontesi ricordano di aver mangiato fino al 1918 solo e sempre castagne, poca polenta integrale e pan di segale. Nel Sud il “piatto di resistenza” è stato la pasta o la pizza al pomodoro. In più, per gli uni e gli altri, molte verdure; di rado mandorle, formaggi e fichi secchi. La carne non era una pietanza, era un “rito”, per gli sposalizi. Latte e uova? Neanche a parlarne. Galline, vacche e pecore erano un capitale che dava reddito.

Oggi gli scienziati anglosassoni ci invidiano quella che chiamano la “dieta mediterranea”: è più naturale, nutre meglio, evita il cancro e le malattie coronariche. Vaglielo a dire al contadino piemontese di Revelli. Il guaio, ancora 50 anni fa, era che essendo tutti molto poveri, di quel cibo gustoso, naturale e nutriente ne avevano sempre poco.

000079Ma buona razza non mente. Ancora oggi noi italiani siamo i più forti manducatori al mondo di frutta, ortaggi e verdure. Di soli ortaggi ognuno di noi consuma 155 chili l’anno, contro i 118 del francese, i 69 dell’inglese, i 47 del danese. In compenso abbiamo esportato ovunque la moda degli spaghetti e della pizza all’amido puro, fonte di molti mali, dall’acidosi alla stitichezza cronica, all’obesità, fino alle ulcere e al cancro al colon (Burkitt, Paoletti, Painter ecc.). americani ed europei non finiranno per chiedere i danni?

Chi ha capito istintivamente che bisogna tornare alla dieta degli anni ’50, arricchendola però – ora che possiamo farlo – delle proteine del latte, delle uova e dei formaggi, sono i giovani, soprattutto le donne.

Dietro non c’è solo la crisi economica. In questo senso la flessione del consumismo carneo in Italia, negli ultimi due anni, va oltre i problemi dell’inflazione e della diminuzione del potere d’acquisto. Si inserisce, è vero, nelle nostre abitudini e nella nostra cultura; ma nasconde un elemento di novità nelle motivazioni, proprio come il nuovo movimento anti-caccia: il rifiuto, specie nei giovani, di identificarsi in quei miti di aggressività e di violenza propri della cultura alimentare carnea e, perché no, la ridicolizzazione di certi modelli ultra-maschili e viriloidi che la società dei cacciatori-soldati ha creato.

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Quando il filosofo masticava grani d’orzo

Il Naturismo alimentare non è una moda, un’invenzione recente. È un’antica pratica nata, si può dire, con l’uomo. Ippocrate la consigliava fin dal 400 a.C. dettando le regole per gustare i veri sapori, vivere a lungo, prevenire e curare tutte le malattie. Suggeriva il frugivorismo e il granivorismo con abolizione dei cibi carnei.

Ma a quei tempi Ippocrate non era davvero originale: più o meno tutti la pensavano come lui. Nell’Antichità quasi tutti i filosofi: Platone, Pitagora, quelli del Peripato e della Stoà, anche Sofocle. Anche il popolo era d’accordo. I latini mangiavano il puls, una polenta di frumento con formaggio, asparagi o carciofi selvatici, cipolle e mandorle. Perciò i Romani li chiamavano “pulmentari”. Ma anche loro si nutrivano di minestre di farro e verdure, formaggio caprino, aglio e cipolla. Il moretum dei pastori e dei primi soldati era un impasto analogo, molto energetico ed eccitante. Richiestissimi i dolci rustici al miele. Bevevano il vino con l’acqua e chiamavano ubriaconi i Greci che lo bevevano schietto. Mangiavano carne di rado, ma anche troppa secondo il rompiscatole dell’epoca, Catone il censore. Cesare pagava i soldati con un sacchetto di grano e una testa d’aglio ciascuno, ogni giorno. Però gli operai delle piramidi egiziane erano pagati meglio: grano, aglio, cipolle, frutta.

Come spiegare poi la fine dell’Impero romano? I Germani, mangiatori di avena, eccitante e rinvigorente, ebbero la meglio sui romani e meridionali, mangiatori di grano e orzo, buoni tutt’al più per la riflessione e il pensiero (Schmidt, Rezembrick) non per l’azione. I filosofi greci, infatti, quando si ricordavano di mangiare si nutrivano di stiacciate d’orzo e pani d’orzo.

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CARENZE DELLA DIETA ORIENTALE
Macrobiotica che tristezza

Nella confusa ricerca di culture “alternative” è facile fare il passo più lungo della gamba e ritrovarsi in braccio a Shiva o alla dea Visnù. Come? Seguendo gli allettamenti pubblicitari della Grande Mafia degli alimenti esotici. In una certa sottocultura di periferia è agevole spacciare per “naturali” la dieta mistica dei Veda o la screditata ma onnipresente macrobiotica “imported from Japan”. Non si riesce a recuperare la nostra genuina cultura alimentare, ma in compenso c’è sempre un “guru” furbacchione che approfitta dell’insicurezza piccolo-borghese di impiegati complessati, studenti ex ’68 o ex ’77 in crisi, casalinghe plagiabili, per “piazzare” la dieta orientale a sfondo esoterico.

Un’alga, due chicchi di riso, una minzione di tamari, due granelli d’incenso mistico. La sacra mensa va servita sull’altare o in tavola? Guai a dire che il tamari è ormai acqua e sale; che questo tipo di alimentazione è demineralizzante, sbilanciata e carente di proteine, che le pietanze non sanno di niente. A sentire i “teorici” della macrobiotica i cereali integrali li ha inventati un certo Oshawa cinquant’anni fa. Il consumismo macrobiotico è caricaturale. Nelle lussuose “farmacie macro” tutto è già confezionato ed etichettato dalle multinazionali del ramo, Arche de Vie, Lima, Céréal, e venduto a caro prezzo.

Ormai è però accertata la pericolosità di questa dieta. Per la carenza di alimenti crudi, frutta e vegetali, ma anche di latte, uova e formaggi, la dieta macrò è estremamente povera di “vitalìe” (vitamine naturali, enzimi, oligoelementi, sali minerali, lieviti) e di calcio, oltreché di proteine, vegetali e animali, e può essere molto dannosa, specie per i giovani. Si aggiungano poi gli scarsi stimoli psicologici di gusti piatti e insapori, la tetraggine e la depressione quasi autopunitiva che aleggiano nei ristoranti dedicati allo “ying” e allo “yang”.

Del masochismo latente nel consumatore di questa dieta – come della evidente necrofagia dei grandi mangiatori di carne – ci sarebbe molto da dire. Si è parlato di una vera e propria “sindrome”, che si rivela attraverso la facies macrobiotica: volto triste, scarno, teso, inquieto (avete notato che i macrobiotici non sorridono mai?), per lo più decisamente brutto, corpi disarmonici e, spesso, flaccidi.

La famigerata “dieta n.7”, poi, sarebbe meritevole di denuncia penale. Solo riso, per mesi. Nelle comuni macrobiotiche Usa diversi bambini, condannati dai genitori alla “dieta n.7”, sono morti.

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SECONDO LA FISIOLOGIA UMANA APPARTENIAMO AI FRUGI-GRANIVORI
Il molare piatto dimostra che l’orango è nostro zio

«Carnivori, onnivori, frugivori, granivori, erbivori di tutto il mondo, disperdetevi e cercate il vostro cibo». Gli animali, almeno, hanno l’istinto per trovare il proprio cibo elettivo. Ma noi, che l’istinto lo abbiamo perso, che cosa siamo; carnivori o onnivori? O né l’uno né l’altro?

Carnivori non siamo, perché non abbiamo i canini sviluppati per dilaniare le carni, né denti a sega, artigli o becchi adunchi, né mandibole possenti per stritolare insieme carni e ossa delle vittime, né stomaco molto forte e molto acido, né un fegato capace di neutralizzare completamente le tossine della carne, né un intestino molto corto come i carnivori.

Erbivori non siamo. Ci manca il rumine, non abbiamo l’intestino molto lungo e la dentatura poco sviluppata. Ma neanche onnivori, aggiunge la studiosa Angela Cattro, cioè divoratori non qualificati e specializzati, come il cane e il gatto, il cigno e il pettirosso. Il nostro organismo non è indifferente a quello che mangiamo. Quando mangiamo la carne, per esempio, il sangue che dovrebbe restare alcalino si acidifica; l’intestino crasso che dovrebbe restare acido si alcalinizza.

Che cosa siamo, allora, secondo natura? Soprattutto frugivori e granivori, rispondono gli antropologi e i biologi. La mano, anatomicamente funzionale alla raccolta del frutto (alberi e spighe sono a portata di braccio), i molari piatti per molare semi oleosi e grani, gli incisivi sviluppati per addentare i frutti, l’intestino di media lunghezza, sono tutti segni che ci accomunano ai primati, all’orango e allo scimpanzè, frugi-granivori per antonomasia.

Anche l’enfant sauvage di Truffaut o i bambini perduti nei boschi vivono mangiando le bacche e le radici istintivamente. Eravamo così, insomma. Tutto cambiò quando, avendo spogliato la natura, non avendo ancora scoperto l’agricoltura, e dovendo pur vivere, diventammo nomadi e inventammo la caccia.

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LA DIETA A BASE DI CIBI SANI HA REGOLE D’ORO DA RISPETTARE
Comandamenti per chi vuol mangiar giusto

Hanno fatto scalpore le ricerche antropologiche di alcuni studiosi nei villaggi del Perù e del Caucaso. Là gli ultracentenari si sprecano, i “vecchi” di 90 anni lavorano nei campi e fanno ancora l’amore; sconosciuto l’infarto, rare le malattie d’ogni tipo. Come mai? Certo, per l’aria non inquinata, l’assenza di rumori, l’equilibrio nei ruoli sociali; ma soprattutto grazie al cibo sano e semplice. Ecco, in sintesi, le regole dell’alimentazione naturista.

FRUTTA – Meglio cruda e lontano dai pasti, se no può fermentare. La mela, però, può essere consumata a fine pasto. Con la buccia o senza? È questione di scelte. Senza buccia c’è un minor rischio di inquinamenti, ma quasi spariscono le vitamine, gli enzimi, la cellulosa. La miglior garanzia sarebbe la frutta d’una volta col “baco”, ma chi la vuole più? In ogni caso la frutta va ben lavata. Boicottiamo le primizie e la frutta esotica, di solito maturata artificialmente, costosa e poco vitale.

ORTAGGI E VERDURE – Se usati crudi, prevengono e curano molte malattie, oltre ad essere gustosi. Carote, crescione, cavolo scuro o rosso, sedano, cipolla, aglio, tarassaco, finocchio e tutte le verdure molto verdi sono adatti per aprire il pranzo. Possono essere anche cotti “al dente” e conditi.

CEREALI COMPLETI – (Frumento, avena, orzo, saraceno, riso, farro, miglio, segale), pane, paste e pizze integrali al 100% per mantenere il tenore di scorie (Burkitt, Reuben). Costituiscono la parte centrale del pasto, il “piatto di resistenza”. Si usano in grani, fiocchi, sfarinati. Sono molto nutrienti per l’alto tenore proteico, ma non ingrassano perché in percentuale hanno meno amido dei cereali raffinati. Quantitativamente possono avere le stesse proteine della carne (l’avena fino al 16%), però hanno meno aminoacidi. Si equilibrano unendoli ad altri cibi, come si usa normalmente.

LATTE, LATTICINI, FORMAGGI – Il latte intero, meglio se di vacche selezionate (ma non quello “a lunga conservazione”) o sterilizzato, che è sostanza inerte e si presta a sofisticazioni, è un alimento molto utile, specie per i giovani. Berlo molto lentamente. Non lo digerisce bene chi si è disabituato a consumarlo ed ha perso gli enzimi che lo trasformano: può riabituarsi bevendolo a poco a poco. Meglio però trasformarlo in yogurt. Salutari anche i formaggi: tener conto però che hanno dal 40 al 65% di grassi. Boicottare i “formaggini” ottenuti con prodotti di scarto pastorizzati. Attenti alle mozzarelle e alla ricotta, facilmente sofisticabili ed esposte a germi d’ogni tipo.

UOVA – Il cibo animale più nutriente ed equilibrato. La loro NPU (utilizzazione proteica netta) cioè il valore biologico, è 94; quella del latte 86; quella della carne solo 76. molto digeribili e utili per gli individui sani.

LEGUMI SECCHI – Ottimi se non troppo vecchi. I fagioli di soja hanno il 45% di proteine, più del doppio della carne. Proteici anche lenticchie e ceci. Perciò niente piattoni all’italiana, ma mezzi piatti.

GRASSI, OLII E CONDIMENTI – Da evitare i grassi animali (lardo, strutto, bacon), burro solo crudo, in piccole quantità. L’extra-vergine di oliva, cartamo, vinacciolo, mais e girasole sono i più sani e digeribili. Ma vanno sempre consumati crudi. Eliminare l’aceto e condire con limone, sale integrale, rosmarino, timo.

CARNI, PESCI, CROSTACEI – Consumarne il meno possibile, meglio farne a meno, riducendone la quantità gradatamente per dare modo all’organismo di disintossicarsi. Dopotutto sono sempre organi morti, pieni di sostanze tossiche (purine e ptomaine, acido lattico, putrescina, cadaverina, scatolo, indolo, acido urico, ormoni, antibiotici).

DOLCIFICANTI – Per torte, gelati, biscotti naturali, per la colazione del mattino, dolcificare con miele grezzo (ha un odore caratteristico). Lo zucchero bianco è un tossico, responsabile di molti mali. Quello giallo di canna è praticamente raffinato come lo zucchero bianco. Solo lo zucchero di canna “color liquirizia” ha ancora le sostanze nutritive della melassa. Per dolcificare le torte bastano l’uvetta, i fichi secchi o i datteri.

BEVANDE – Se l’alimentazione è corretta, in genere, non si ha sete: l’acqua è già contenuta nei cibi “giusti”. Non bere perciò durante i pasti per non diluire i succhi gastrici e gli elementi nutritivi. Si può invece bere dopo due ore dai pasti (tè aromatici, infusi, succhi).

ALCOOL, CAFFE’, CACAO – Nervini da usarsi come medicine, in piccole quantità o comunque sporadicamente, non come alimenti correnti. Un infuso salutare – al posto del caffè – è quello di bardana o quello di cereali misti tostati.

FAME E SETE – Non mangiare se non si ha vera fame, non bere se non si ha vera sete. Il digiuno totale è disintossicante e benefico fino al 7. giorno.

PROTEINE – Mescolare proteina a proteina (uova e legumi, formaggi e carne) può renderle indigeste e meno utili.

COSTI – L’alimentazione naturista ha costi nettamente inferiori a quella industriale-cittadina. Un piatto di cereali costa da 30-35 lire (grano) a 60-80 (avena), a 70-100 (riso), a 140-170 (farro). Due etti di vero pane integrale costano 160-190 lire. 50 grammi di miele grezzo 120 lire; un vasetto da 120 centimetri cubici di yogurt fatto in casa costa 50 lire; un chilo di sale integrale del Monopolio lire 100. I prezzi di frutta e ortaggi, uova e formaggi, sono noti.

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A volte cuocere è un po’ peccare

Il crudo o il cotto? Non c’è dubbio che per conservare agli alimenti tutte le loro proprietà l’ideale sarebbe mangiarli ancora freschi e crudi. I “crudisti” sono le persone più sane e longeve: del cibo assimilano tuti i principi vitali, che il calore distrugge. Per quanto i profani pensino il contrario, la maggior parte dei cibi è più digeribile allo stato crudo. Il cavolo crudo, per fare un esempio, si digerisce in un’ora e mezza; cotto, in un 3 ore e mezza-4 ore. Lo stesso accade per uova, formaggi, latte, grassi e olii, con l’aggravante che, riscaldandoli molto, i grassi danno luogo a idrocarburi cancerogeni e acroleina tossica per il fegato. Niente fritti, quindi.

Ortaggi e verdure possono essere sbollentati a vapore o cotti appena in pentole dal coperchio chiuso, senza acqua né olio ma con un po’ di sale. Cereali e legumi, invece, richiedono cotture consistenti. I più secchi possono essere messi a bagno per una notte e più, poi immersi in una pentola di coccio con acqua fredda e cotti per il giusto tempo a fuoco basso. Ma per i crudisti irriducibili c’è anche il modo di mangiarli crudi. Si lasciano due-tre giorni in acqua fredda, poi si scolano alla meglio e si adagiano su un panno bagnato: germoglieranno in 2-4 giorni. Vitamine ed enzimi così si moltiplicano miracolosamente: sono delicatessen molto tonificanti da usarsi in insalata o come contorno.

Altri nemici del calore, il miele grezzo e lo yogurt: enzimi e batteri muoiono oltre 40-43°. Per la preparazione casalinga, molto facile, di yogurt, pane e pasta integrali, consultare una delle guide indicate a parte.

E gli utensili? Gettate via la plastica e l’alluminio, private del coperchio o della guarnizione le pentole a pressione (la pressione fa aumentare la temperatura oltre i 160°, distruggendo vitamine, enzimi, aromi: una vera violenza al cibo), l’ideale sarebbe usare solo terracotta: si risparmia energia e si conservano i sapori.

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Un menù “bomba” per chi si muove

Suggeriamo un menù rivitalizzante e molto energetico, oltretutto economico. Sarà ben difficile, dopo, aver ancora fame. Un esempio – è chiaro – che non tutti devono o possono seguire. La professoressa, il bancario, l’impiegato di concetto, l’intellettuale e in genere tutti i sedentari, si contentino di molto meno

Al risveglio: 2 frutti di stagione (200-300 g.).

Colazione (dopo mezz’ora): zuppa di fiocchi di avena con latte, yogurt, uvetta, pinoli o noci, 2-3 cucchiai di germe di grano, 1-2 fette di vero pane integrale con miele grezzo; 1 tazza di caffè di cereali tostati o un infuso tonificante di rosmarino.

Metà mattina: 2 frutti di stagione.

Pranzo: antipasto di crudités (carote ecc.).

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ECCO I TESTI E LE RIVISTE DA CONSULTARE
Naturismo è anche carta stampata

L’unica guida italiana ai libri sull’alimentazione naturista è la seconda parte dell’opuscolo Naturismo: quali libri, edito dalla Lega Naturista (L.1000). stralciamo qualche indicazione bibliografica.

Tra i libri teorici-pratici: Passebecq, Dietetica e salute (Siad, L.4800), Oudinot, La conquista della salute (Armenia, L.4200), Dextreit, Le virtù della frutta e della verdura (Martello-Giunti, L.3800), Cattro, Natura, nutrice universale (in 3 voll, piuttosto esoterico-filosofico).

Tra i testi più pratici: Harris, Trucchi in casa (Sperling & Kupfer, L.5900), Buonfino, La cucina integrale (Mondadori, L.1800), Gevaert, Vivere sani con cibi sani (Sperling & Kupfer, L.4900), Couffignal, La cucina povera (Rizzoli, L.1200), Cecchini, La cucina naturista (De Vecchi, L.2900).

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MAPPA COMPLETA DEGLI INDIRIZZI UTILI A CHI SCEGLIE IL “NATURALE”
Guida alla casta mensa

[Seguiva un indirizzario dettagliato per città e Regioni, con indirizzi e numeri di telefono, di club, esperti di alimentazione, ristoranti, terapeuti, botteghe ecc., del tutto superato e inutile oggi].

La Repubblica, 1978

AGGIORNATO IL 25 GENNAIO 2015

23 agosto 2006

ECOLOGIA LIBERALE. Aria pulita e inceneritori tra verdi, rossi e Rosa

Risposta alla lettera di Anna Stramigioli del post precedente, vedi.

Mi perdonerà, cara Anna, se mi sono permesso di presentare la sua lettera con qualcosa di seriamente futile o futilmente serio: se no, il Nico Valerio-2 non mi avrebbe permesso di pubblicarla nel sito.

Tornando al tema, mi sembra di poterle dire solo il mio parere, senza impegnare nessun altro, da ecologista della prima ora, ma anche da liberale e radicale, e perciò attento ai dati scientifici.

Eh sì, perché - me lo lasci dire - l'ecologia liberale, di cui mi vanto di essere stato il primissimo teorico, non vuol dire una ecologia a metà, come forse ha capito l'amica Filippini degli Amici della Terra, che arriva sempre in ritardo agli appuntamenti. Scoprì l'ecologia solo dopo lunghi anni di antimilitarismo, e dopo avermi accusato di essere apolitico, con tutti i miei temi ambientali. "Nico, la macrobiotica e gli uccellini non sono politica!", mi affrontò un giorno nella sede radicale di via Torre Argentina, dopo che avevo promosso il I Referendum contro la caccia e intrapreso una campagna non sulla macrobiotica - che avverso - ma sulla alimentazione sana e le sofisticazioni, primo in Italia con distacco alla Girardengo.

Insomma, sfatiamo un luogo comune caro al Centro-destra e agli eterni ritardatari che si accodano solo quando una cosa ha successo. L'ecologia liberale non è un'ecologia diluita e tecnocratica, diciamo "all'acqua di Rosa" (scusami Filippini), ma proprio l'ecologia vera e più rigorosa, cioè quella scientifica, che segue solo lo stato dell'arte senza superfetazioni politiche, senza pretesti leninisti e punitivi di classe da un lato, ma anche senza pretesti di business da "eco-furbi" dall'altro. Insomma, l'ecologia vera, quella liberale, non è né un altro mezzo di lotta politica al capitalismo, né l'ennesimo modo per far soldi, per costruire, per truccare il mercato, per avere finanziamenti ai danni della Natura o della salute della gente. Pensate solo a tutto il finto "naturale" o "biologico" o "ecologico" dell'industria di oggi. Perfino gli spazzini comunali sono diventati per eufemismo ipocrita "operatori ecologici". Che ignoranza: gli unici operatori ecologici sarebbero semmai i batteri, i vermi, i topi o i corvi che delle immondizie si nutrono, non chi semplicemente le raccoglie ma non le trasforma.

L'ecologia liberale è perciò neutrale, ma severa, come tutte le scienze. Così, può accadere perfino - e non ci vuole molto - che l'ecologia liberale sia più dura di quella "rosso-verde" (Legambiente, Verdi) o "Rosa" (Amici della Terra).

Questi ultimi, poi, non vanno giudicati in modo più duro di Legambiente, come sembra fare Anna. Anzi, hanno avuto il merito in passato di denunciare i molti errori politici ed ecologici degli ecologisti di sinistra. Hanno però valutato il loro estremismo politico come estremismo ecologico. Il che non è vero, perché i Verdi e gli ecologisti di sinistra di Legambiente sui temi propriamente conservazionisti e di protezione sono moderatissimi. Per forza: venivano dai partiti della sinistra e all'origine contestavano noi naturisti ed ecologisti puri come "integralisti"
E perciò gli Amici della Terra sono quello che sono - moderati, filo-capitalisti e tecnocratici, sembra insinuare l'interlocutrice di Genova - non perché "liberali" (cioè scientisti, come ho già detto) ma per ragioni ideologiche e di contrapposizione nel "mercato politico", insomma per differenziarsi dai rosso-verdi. Che in Italia hanno imposto un odioso e antiscientifico monopolio dell'ambiente che grida vendetta. Senza neanche essere davvero ecologisti. Rosso-verdi mistificatori e di potere, legati perfino alle grandi aziende (si pensi alla super-speculazione dell'eolico e agli ambigui legami nel "biologico"...) che in Gran Bretagna quasi non ci sono, o sono poco influenti. Cosicché i Friends of Earth - non so, non li seguo: sto a quello che dice la Stramigioli - possono essere seriamente e serenamente ecologici senza complessi e senza temere concorrenze estremistiche più rosse che verdi.

Infine, attenta a un equivoco, Anna: la Filippini e gli Amici della Terra non hanno più niente a che fare da decenni con i Radicali Italiani. Tanto che un convegno organizzato insieme, alcuni mesi fa, è stato salutato come una curiosa "novità" dagli addetti ai lavori. Un riavvicinamento dopo un ventennio, se non sbaglio.

In quanto poi alle opinioni di Giorgio Spadaccia (fratello minore del più noto Gianfranco, ex-segretario del Partito radicale), sono solo sue opinioni. Nei primi anni 80 era l'unico radicale ad essere a favore delle centrali nucleari, quelle d'allora, si badi. Ma poi ci furono l'incidente di Three Miles Island negli Stati Uniti e la catastrofe di Cernobyl in Unione Sovietica. Mi scuso con lui per averlo spesso messo alla berlina per questo. Mi odiò a lungo (e non era il solo nel PR). Certo, con le centrali di oggi avrebbe avuto quasi ragione. Se le avesse anticipate vent'anni fa... Oggi io dico delle centrali nucleari di oggi, a ragione, quasi quello che Spadaccia diceva, sbagliando, di quelle di ieri.

Non ho ascoltato le sue trasmissioni sugli inceneritori e ignoro che idea ne abbia. Ma non vorrei che anche in questo caso lo sfortunato e intempestivo Spadaccia junior dovesse aspettare altri venticinque anni per avere ragione, avendo intanto torto. Chi ha detto che ogni uomo in fondo commette sempre gli stessi errori?

Ma i Radicali sono già talmente oberati di temi importanti, essenziali per la loro (nostra) identità storica, che sarebbe da ottusi caricarli - e in ritardo imperdonabile - anche di tutti i temi ambientali. Ci provai negli anni 70 a fare di Marco Pannella il Ralph Nader italiano. Ma nonostante che la mia Lega Naturista, primo club ecologista in Italia su tutti i temi dell'ambiente e della salute, fosse stata fondata nel 1975 dentro il PR applicando il metodo radicale alla rivendicazione scientifica, Marco non lo capì. Marco è un politico puro, originale, di genio: inventa lui i temi, non si accoda a quelli degli altri. Non è mai banale o scontato. E allora, davvero, solo io e pochi altri avevamo intuito il potenziale rivoluzionario-liberale del rapporto uomo-ambiente, uomo-animali, uomo-cibo, uomo-corpo. E poi l'ecologia era fuori della tradizione novecentesca liberal-socialista. Insomma, la scenata della giovane Filippini, nella sua ingenuità, aveva un fondamento psicologico e storico.

Ora molto è cambiato. Da anni per fortuna abbiamo un segretario geniale come Capezzone che non ne sbaglia una. E' molto intelligente e si informa in modo sapiente. Diciamo, figurativamente, che ha una mentalità critico-scientifica. E ha un grande intuito. Tipi psicologici così, lo so per esperienza, si sbagliano di poco e di rado. E sono un "capezzoniano" ultrà, diciamo, anche perché Daniele "Big Head" è molto simile a me. Anche nella versatilità, nella curiosità e nella risposta a tutti gli stimoli.

Così, tutti noi ambientalisti, e anche la dirigenza radicale, Capezzone in primis, ne sono sicuro, sugli inceneritori stiamo interpellando la Scienza e la Tecnologia. E gli esperti più affermati nel mondo danno risposte sfumate, interlocutorie, relativiste. Ci sono inceneritori dentro parecchie città, tra cui Vienna, Osaka (v. foto: sembra un castello per bambini dentro un parco giochi...) e New York, e i valori critici dell'atmosfera sono in quei centri storici perfettamente omogenei a quelli abituali. Dobbiamo considerare, cara Anna - ecco il relativismo scientista dell'ecologista liberale - che questi inceneritori non si costruiscono certo nelle verdi vallate dell'Eden, che non esiste. Ma in città e contrade che già hanno un certo inquinamento di fondo ormai ineliminabile. A Roma, perfino a ferragosto, il centro è appesantito dalle polveri sottili PM10 e PM25. Il Comune, ottusamente, non capisce che intanto, per prima cosa, bisogna... lavare le strade, come si faceva fino agli anni 60.
Diciamo, perciò, più correttamente, che con gli inceneritori in funzione nelle città non si nota nessuna differenza apprezzabile "rispetto all'inquinamento abituale". Certo, bene non fanno ai polmoni. Ma nulla di più rispetto ai tanti veleni metropolitani e soprattutto al traffico automobilistico (da 30 anni aspetto che i kompagnucci alternativi finto-verdi contestino duramente - dando il primo esempio - le auto o il riscaldamento a nafta). E se pensiamo che molti in Italia ancora utilizzano il carbone e la legna per il riscaldamento, perfino in piena città...

Anche se nel caso degli inceneritori appare inquietante la maggiore presenza delle nanoparticelle, i cui effetti sull'organismo sono ancora da studiare appieno. Ma gli studi epidemiologici sono lunghi, terribilmente lunghi.

Nel frattempo, mentre la tecnologia dovrebbe inventare torri di abbattimento o filtri anche per le nanoparticelle che purtroppo passano la barriera bronchiale, bisognerà prendere delle decisioni e urgenti. Perché appare un doppio scandalo l'utilizzo dei rifiuti da parte della malavita e l'invio vigliacco (perfettamente mercenario, "all'italiana") dei rifiuti "partenopei e parte-italiani" - ormai tutta l'Italia si è napolizzata - in Germania o in Slovenia. Un esempio immorale per l'Europa: "inquinatevi voi al posto nostro: eccovi i miliardi. Ma non toglieteci l'adorato inquinamento da Suv, smart, gommone e sigaretta..." Totò e Alberto Sordi dall'aldilà sogghignano.

Visto anche il bel titolo(“Ecologia Liberale”), questo articolo, insieme con altre considerazioni, mi convinse poi ad aprire effettivamente un blog così intitolato. Ed è venuto molto bene.

05 agosto 2006

INCENERITORI. La Stramigioli: "Ma vuoi mettere i Friends of Earth?

Di ritorno da un mese di vita "quasi selvaggia", la mia annuale cura catartica della malattia grave dell'urbanesimo e della calura cittadina, che in pratica consiste nel vivere alla Robinson (il "Crusoe della caletta accanto", in questo caso una fredda pinetina battuta di continuo da raffiche di maestrale a picco su onde gelide nell'isoletta sperduta sì, ma in pieno Mediterraneo), mi riporta alla triste realtà dell'asfalto, addirittura alle ciminiere, la lettera spigolosa e in stile tra il tacitiano e il politico-burocratico d'una evidente stracittadina al 100 per cento.
D'accordo, il caldo e le vacanze rendono ancora più incazzati gli incazzosi per natura (ne so qualcosa), l'estate in città dà alla testa. Dopotutto la stagione non è ancora finita, e mi viene in mente una possibile battutaccia da cabaret, confezionata su misura per un cinico colonnello nazista direttore d'un lager nella torrida estate tedesca del '44: "Inceneritori? Ma a Berlino devono essere tutti matti. Con questo caldo..."
Ogni tipo di calura cittadina, infatti, ha le sue freddure.
La lettera ha un incipit che capisco: anch'io da Robinson mi ponevo il problema dei rifiuti. Con la differenza che da naturista so bene i trucchi eco-tecnologici per risolverlo.
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"Gent.mo sig Valerio - mi scrive la "pasionaria anti-inceneritori" Anna Stramigioli - nell'approfondire la questione rifiuti e incenerimento ho più volte ascoltato la posizione di Spadaccia [Giorgio, prob. su Radio Radicale, NdR], o preso atto della politica Radicale sull'argomento.
Gli Amici della Terra hanno spesso espresso una forte ansia di soluzione tecnologica ad una presunta urgenza.
Ora giunge il documento di Rosa Filippini a ribadire la "necessità" di un inceneritore, o di più impianti, per rendere razionale la gestione. Nella fattispecie si accentua l'urgenza di fronteggiare l'emergenza e l'illegalità del meridione
Ritengo necessario sottolineare che non sono interessata a polemiche, e distinguo tra parti politiche o tra nord e sud.
Una cosa mi starebbe a cuore: capire perchè gli "Amici della Terra" in Italia sono tanto arretrati rispetto alle posizioni espresse in UE e nel Regno Unito, in particolare.
Come mai da noi, dove l'arretratezza nell'innovazione è causa di tanti problemi socio-ambientali, persone come la Filippini rimangono ancorate a vecchie soluzioni, senza aggiornare il loro quadro di riferimento, anzi creando giustificazioni a tutto quel sistema politico e partitico che basa la propria "...crazia" (partito-affaristico-ideologizzante che sia) su cicli di mercato "oligopolizzabili" (mi permetto il neologismo).
Comunque complimenti alla Filippini per le stampelle che offre alla diarchia diessino-diellina che sta approvando inceneritori a ripetizione.
Mi auguro si potrà aprire un confronto sul tema. Ho letto che lei propone di analizzare le posizioni del dott. Montanari, che più volte ha collaborato coi Comitati di tutta Italia per sensibilizzare le diverse amministrazioni locali. Forse sarebbe sufficiente, o potrebbe essere interessante partire dalla considerazione dei documenti prodotti dagli inglesi "Friends of the Earth", che sembrano su un'altro pianeta rispetto alla "sezione" italiana dell'associazione (vd. allegato evidenziato giallo). Nell'attesa di riscontro, porgo cordiali saluti.
Anna Stramigioli
Comitati anti incenerimento Genova
Rete Nazionale Rifiuti Zero"