31 luglio 2011

SILVIA CROCE. Era la “monella”, la figlia più estroversa di don Benedetto.

Silvia Croce serve il caffè al padre Benedetto Vennero da Napoli lei, una signora sorridente, estroversa e alla mano, per niente austera come la sorella Elena (che vedevo spesso passeggiare severa e solitaria tra viale Trinità dei Monti e il Pincio, ma a cui mai osai rivolgere la parola, se non quando ci incontrammo in un convegno), e la figlia Paola. Erano, rispettivamente, figlia e nipote di Benedetto Croce.

Ci vedemmo al partito Radicale, per cui tutti noi in mancanza di un partito liberale degno di questo nome allora simpatizzavamo. A quei tempi, a differenza di oggi, la sede radicale era un bell’ambiente di fermento giovanile, allegria, sorrisi, utopie, generosità. E brulicava di giovani idealisti e fantasiosi. Ogni idea, ogni proposta vi era ammessa. Io ero emozionatissimo: avevo già letto a vent’anni quasi tutti i libri politici e storici di Croce. Madre e figlia si informarono della mia Lega Naturista, appena costituita, che aveva sede allora dentro il partito Radicale, e del suo programma ecologico a tutto campo. Manifestarono grande entusiasmo per i temi della tutela della natura e degli animali. Assicuratesi che era una cosa seria, aprirono una sezione a Napoli. 

Anche se non scriveva libri, a differenza della sorella Elena, Silvia Croce, sposata Cammarano, era tenace e passionale nella difesa delle bellezze naturali, dei palazzi storici e delle opere d'arte. Una costante di famiglia. Il padre da ministro della Cultura nel governo Nitti aveva promosso la prima legge sulla difesa del Paesaggio in Italia (1920) e poi aveva patrocinato il primo Parco protetto in Italia, quello d’Abruzzo, e si era speso pure nel comitato per la difesa di Villa Borghese a Roma. Elena nel 1955 era stata tra i fondatori di Italia Nostra.

Questo ricordo è di tanti, tanti anni fa: per l’esattezza, nove anni prima della fondazione dei Verdi del Lazio e 11 dei Verdi nazionali. Eravamo, perciò, noi della piccola ma agguerrita Lega Naturista, i primi in Italia nel campo del vero e completo Naturismo, allora correttamente definito per quello che storicamente e filosoficamente è, cioè una globale “Riforma della vita”, la “Liebereform”, come dicevano i naturisti tedeschi negli anni 20. Per quanto piccoli (però solo a Roma si contavano oltre mille iscritti), fummo gli unici in Europa, per molti anni, ad avere un programma “naturistico” circolare, perché tutto è collegato: dalla tutela del Paesaggio e della Natura alla critica alla caccia, dall’agricoltura biologica al cibo sano e alle medicine ippocratiche, dalla tutela severa delle foreste all’anti-consumismo e all’autosufficienza, dal no alla vivisezione fino alla propaganda e pratica dell’escursionismo e nudismo. Era la proclamazione, tipicamente naturista, quindi antichissima e modernissima, della interdipendenza (la “circolarità”, dicevamo allora) di tutti i temi dell’ambiente, del paesaggio, del rispetto per gli animali e della salute. Una visione modernissima e anticipatrice: eravamo almeno vent’anni avanti non all’opinione pubblica, che in Italia è molto arretrata per via di un’atavica ignoranza e scarse letture scientifiche, ma alle avanguardie.

Fatto sta che, passati pochi mesi, la giovanissima Paola mi chiese il permesso di occuparsi anche del popolo Rom in Campania. Cosa che mi meravigliò, perché non c'entrava nulla con la Natura, l'ambiente, gli animali, il no alla caccia, l'alimentazione sana, le medicine naturali, l’autosufficienza, la cultura del corpo. Ma figuriamoci se potevo dire di no a una ragazza così idealista e determinata, e a una "ragazza Croce" per di più. Approvai, da liberale, anche perché si trattava d'un popolo discriminato. Anch’io, non per caso, avevo per conto mio già preso contatto con l’allora Opera Nomadi, a Roma.

Paola Cammarano la incontrai poi più volte, l’ultima per caso qualche estate più tardi, su una nave che da Aghios Constantinos faceva rotta verso le verdi isole Sporadi, nel mare della Grecia del Nord. Seppi poi dal cugino Benedetto Herling la terribile notizia: era morta improvvisamente in non so quale incidente. Pensai a lei quando, anni dopo, alcune bambine Rom acrobate rubarono in casa mia. Il Nico-1 disse parole di fuoco, ma il Nico-2 le perdonò, per rispetto verso la cara Paola, loro paladina, e anche per il grande chitarrista jazz, lo zingaro Django Reinhardt.

Che bel ricordo quello di Paola Cammarano, figlia di Silvia Croce, ragazza generosissima, interessata a tutto, vitalissima, bella e idealista! Non potevo che innamorarmene. Era anche la più femminile delle donne Croce, ricorda ora il cugino Benedetto. Di sicuro, se fosse rimasta in vita, non avrebbe partecipato al severo e virile “matriarcato” che dalla morte del filosofo – come ha detto Marco Pannella a Radio Radicale rievocando gli anni in cui giovanissimo fu accolto in casa Croce – ha regnato su tutti i rami, le istituzioni, le carte, le memorie della famiglia. Anche per questo suo spirito libero, Paola la ricorderò sempre. E spero che non dispiaccia al padre se pubblico questa foto privata, perché la nuova grande biblioteca di Alessandria che è internet conservi per anni e anni il ricordo di lei.

Ora la notizia, cui è seguito il partecipato commento dello storico Galasso, che, a quasi 88 anni, la madre di Paola, quella sorridente signora che incontrai in via di Torre Argentina, la figlia più giovane di Benedetto Croce, ci ha lasciato, nella sua casa paterna di via Tasso, a Napoli.

Silvia Croce era la più giovane delle quattro figlie del grande uomo di cultura, la più estroversa, appassionata e brillante. In famiglia era chiamata “la monella”. Un aneddoto diffuso dal padre racconta come per il suo entusiasmo travolgente, il suo “caratterino”, il riluttante filosofo fosse costretto talvolta ad assistere a proiezioni cinematografiche, come il film di Chaplin Il grande dittatore, che interessavano in realtà solo alla figlia, appassionata di cinema. Infatti egli, ideologo etico-politico tutto d’un pezzo, lo giudicò «poco felice artisticamente, e certo ora inopportuno, perché non si riesce a ridere né dello stolto e delittuoso Mussolini, né del fanatico feroce e distruttore Hitler». Certo, aveva ragione il padre serioso. Ma un po’ aveva ragione anche la figlia.

Col disinteresse e la venerazione che accomunò tutte le figlie di don Benedetto,Silvia Croce era stata la prima “conservatrice” della Biblioteca del padre, che aveva curato da giovane con religiosa e feticistica dedizione. Con la madre e le sorelle istituì la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce, che fu dotata di una parte cospicua del loro patrimonio.

Poi presidente dell’Istituto universitario di famiglia Suor Orsola Benincasa, fu molto impegnata nella difesa del patrimonio culturale, artistico e paesaggistico napoletano e nazionale. Molti ricordano, ad esempio, la sua battaglia contro l'occupazione da parte dei partiti politici dei saloni del Palazzo Reale di Napoli sottratti alla Biblioteca Nazionale. Ebbene, Silvia Croce riuscì ad ottenere che i partiti se ne andassero, e così i locali tornarono ad essere utilizzati dalla Biblioteca. Di recente aveva donato un suo terreno sulla costa amalfitana, ricco di piante spontanee mediterranee, al WWF, che ne ha fatto una delle sue “oasi”. A differenza del padre, era anche molto appassionata di musica. Fu nominata negli anni 90 vicepresidente delegato esecutivo del Consiglio di amministrazione del teatro San Carlo di Napoli.

Tra le molte associazione ispirate alla cultura liberale, fu legata al Centro Pannunzio di Torino (del quale la sorella Alda fu presidente), partecipando attivamente a tante sue iniziative. Era conosciuta anche in Piemonte e Liguria – come riferisce un sito ligure rievocandone la figura – anche perché d’estate amava frequentare oltre alla Riviera la villa di famiglia a Pollone (Biella) dove il padre era andato per tanti anni in villeggiatura a trascorrere, come diceva, “vacanze operose”. Non solo a Napoli, quindi, ma anche al Piemonte si sentì profondamente legata. Innanzitutto perché figlia di madre piemontese. Ma anche perché – nota lo storico Quaglieni – come le valorose donne del Risorgimento era grata al Piemonte di essere stato in qualche modo il motore della rinascita unitaria dell'Italia, e perché ebbe legami ideali anche con l'esperienza gobettiana e la Resistenza. Fu sempre aperta al dialogo. Apprezzava l’ala “liberal” della sinistra culturale e politica che operava a Napoli, uno dei cui esponenti era stato l’attuale presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Che non ha mancato di inviare un messaggio di cordoglio alla sorella Lidia Croce.

Una bella serie di immagini sulle sorelle Croce è visibile qui

IMMAGINE. 1. La più giovane delle figlie di Croce, Silvia, col padre. Si racconta che fosse lei a offrire il rituale caffè al padre e agli intellettuali che si incontravano in casa Croce. 2. Una rara immagine di Paola Cammarano, figlia di Silvia e quindi nipote di Benedetto Croce, scomparsa in giovane età.


JAZZ. Charlie Parker, grande innovatore e stilista del be-bop suona il suo sassofono contralto nel brano All Things You Are.


AGGIORNATO IL 2 MAGGIO 2016

15 luglio 2011

CASTA. Altro che I classe, pagano la II e la III. La stangata che grazia i politici

Politico oratore conferenziere (vignetta colori) Ora che la manovra finanziaria “lacrime e sangue” è stata approvata, ammesso e non concesso che sia efficace, mi viene da pensare, leggendo la frase iniziale della lettera ricevuta da un amico, di sceneggiarla come una battuta d’un famoso comico, mettiamo Pippo Franco, che nel fu romanissimo ristorante-cabaret del Bagaglino fa la voce del tipico politico furbo, corrotto e piacente, gran seduttore di folle: «Sono d'accordo che si debbano sostenere gravi sacrifici per il bene del Paese», dice serioso e con la “faccia da onesto”, intervistato dalla solita Tv compiacente, l’attore in doppiopetto blu. Sorpresa e mormorii nel pubblico pariolino: tutti restano con la forchetta in aria. “Purché – riprende – a pagare siano gli altri”. Ah, be’…
E i cinici fatalisti spettatori del “generone” romano, rassicurati dalla normalità, con un po’ di brusio riprendono ad abbuffarsi come se niente fosse. Come sempre. Del resto, ogni popolo ha i politici che si merita, e vota.
Anche se… questa classe politica è unica, perfino, tra le peggiori classi politiche. Quei tangheri senza arte né parte di Isernia, Palermo o Rovigo, quegli incolti di Bari e Cuneo, quei marpioni qualunque di Perugia e Catania, che decidono di darsi alla politica, ogni giorno ne devono inventare una per sopravvivere. La doppiezza, i segreti, i silenzi, le mistificazioni, gli inganni e gli intrighi di questo Governo mi ricordano i più cinici signorotti del Rinascimento, ma quelli più ignoranti, senza arte né parte. Anzi, no, mi vengono in mente certi untuosi e grassocci monsignori di Curia, golosi e lubrichi, descritti nei sonetti del Belli (tanto che ci abbiamo fatto sopra perfino un sito-blog). Paragone perfetto: infatti quella Casta poco casta non va in chiesa, ma è clericale.

Trucchi e imbrogli, imbrogli e trucchi. Sembra il mitico “bigino” delle scuole medie, il Bignami, che descrive, stavolta per gli studenti adulti, assonnati e dalle mani sporche d’una vecchia scuola serale, i contorti pensieri di Guicciardini e Machiavelli. Ora, per esempio, c’è la Crisi economica e finanziaria? Ebbene, nessuno ci capisce niente. E tutto è nelle mani d’un Mago, neanche un economista, ma un commercialista di Varese, che tira fuori dal cilindro una manovra che dai sacrifici e dai tagli riesce ad escludere con precisione chirurgica proprio la Casta per cui era nata. E contro chi se la prende, malgrado la povertà dei ceti medi e popolari che stringono la cintola da anni? Proprio con loro. Elementare, Watson. Il sadismo è la quintessenza del Potere. E quel po’ di economie proposte da Tremonti sugli tipendi dei parlamentari italiani, scandalosamente i più alti d’Europa, sono state nottetempo “cassate”, appunto, da due deputati siciliani (che di queste cose – cassate e stipendi regionali alti – se ne intendono), come si vede in questo articolo.

Ah, dimenticavo “lacrime e sangue”! Il sangue si capisce, ma le lacrime? Le lacrime sono quelle dei cittadini? No. Loro già danno il sangue, le lacrime non le hanno più. Sono quelle di coccodrillo dei “liberali e liberisti” (specie questi ultimi) che avrebbero potuto fare la voce grossa nei Consigli dei ministri berlusconiani in 15 anni, e che invece non solo non si sono dimessi quando hanno visto che dietro il populismo affaristico non c’era nulla, tantomeno il Liberalismo, ma hanno sempre taciuto in cambio di una bella e comoda carriera politica. Salvo sfogarsi con brillanti calembour sulla scuola di Chicago o di Vienna davanti ai giornalisti, per il godimento dei blog anarco-capitalistici della rete “Tocqueville” (e lui, Tocqueville, poverino, si rivolta nella tomba). Come l’economista Antonio Martino, liberal-conservatore Doc. Come – direte voi – “liberal-conservatore”? E già, scusate l’ossimoro: liberali e conservatori sono termini in antitesi, ma il figlio del grande Gaetano Martino non lo sa, non lo vuole sapere. Anche il padre, il severo Gaetanino, non dorme un sonno tranquillo. Ma ecco la letterina appena arrivata:
NICO VALERIO

Caro Nico, «sono d'accordo che si debbano sostenere gravi sacrifici per il bene del Paese, purché a pagare siano gli altri», mi viene istintivo pensare. È realmente ridicolo (o drammatico, non so più che termini usare) che dopo aver matematicamente dimostrato la loro totale inettitudine a governare il Paese, i nostri politicanti pretendano ed esigano dagli sventurati cittadini che siano loro a risanare le pubbliche finanze! E come "cittadini" mi riferisco in particolar modo ai pensionati e ai dipendenti pubblici, quella sciagurata categoria di individui che piace tanto al ministro del lavoro (il quale, evidentemente, è talmente piccolo di cervello – oltre che di statura – da non capire che se non ci fossero loro a garantire un costante gettito fiscale, altro che i 170 miliardi di euro annuali di evasione accertati dalla Finanza! Ma procediamo con ordine.

Aumento dei ticket sanitari
È evidente che questa imposta graverà principalmente sugli anziani: sono infatti loro ad avere maggiormente bisogno di farmaci. Ma questo sembra non importare ai parassiti del governo: tanto loro i ticket non li pagano, malgrado i loro stipendi siano circa 30 volte superiori a quello di un pensionato medio.

Accise sui carburanti
È un'idea brillante e altamente liberale, nonché degna delle migliori menti economiche, quella di aumentare il prezzo della benzina per finanziare alcune attività (come il FUS) non sapendo dove reperire le risorse. Sarei in grado di farlo anch'io che pure faccio il musicista! Ma questo evidentemente non importa ai politici: tanto loro non pagano né la benzina, né i biglietti per cinema e teatri.

Auto blu
Ma non dovevano essere abolite, seguendo l'esempio di Cameron che va al lavoro in bicicletta? Mi chiedo: se un politico ha bisogno di recarsi al lavoro in un auto blindata, magari da 3000 di cilindrata (fondamentale, soprattutto in città, dove anche in condizioni di scarso traffico non si possono superare i 50 km all'ora!), con tanto di scorta armata (pagata da noi, naturalmente) vuol dire che ha timore di un eventuale attentato. Ma questo, allora, significa che sa di essere un marpione! Una persona seria e onesta che opera nell'interesse della collettività sarebbe amato dai suoi concittadini e non avrebbe bisogno di starsene costantemente in trincea. Pisapia, ad esempio, va in giro senza scorta. Ad ogni modo, sono convinto che con i lauti stipendi elargiti alla casta, i politicanti sono perfettamente in grado di comprarsi e mantenersi le auto blu. Le vogliono? Se le paghino! Oltretutto risparmierebbero sui pedaggi autostradali, sui rifornimenti di carburanti e forse anche sui bolli e le spese di assicurazione...

Tagli alle pensioni più alte (purché non siano quelle di ex-politici) Potrebbe sembrare una buona cosa, ma non dimentichiamo che se un imprenditore, un amministratore delegato, o chi per esso, ha maturato una pensione da 50.000 o 100.000 euro annui è perché ha dovuto versare tanti di quei soldi nel corso della sua attività che un prelievo costante e coatto a quanto ha legittimamente maturato non è altro che un furto legalizzato. Vogliono tagliare il 10% a queste cosiddette pensioni d'oro? Benissimo, ma allora che gli enti previdenziali restituiscano il 10% di tutti i versamenti effettuati sino alla maturazione della pensione. Semplice aritmetica.

Riduzione dei costi della Politca
Ma che diavolo mi salta per la testa? La Casta non si tocca! Su questo sono incredibilmente tutti d'accordo, maggioranza e opposizione, come 945 anime in un nocciolo! E comunque è già stato deciso che spetterà – eventualmente – alla prossima legislatura pelare questa patata bollente.

Blocco delle esenzioni fiscali
Ma che fenomeno il nostro Tremonti! Non si rende conto che diminuendo le detrazioni fiscali – ad esempio sui lavori di ristrutturazione domestica – si rischia di ricorrere maggiormente al lavoro nero e quindi ad aumentare l'evasione? Al contrario, avrebbe dovuto non solo aumentare tali detrazioni, ma addirittura estenderle a tutta una serie di servizi quotidiani: in tal modo sarebbe interesse di tutti i consumatori esigere costantemente le fatture! Quanti, ad esempio, non si fanno mai rilasciare lo scontrino fiscale dal proprio barbiere? Eppure la cura della persona dovrebbe esser considerata fondamentale in una società civile! Ma già dimenticavo: ai politici questo non interessa: loro hanno gratis sia il barbiere, sia il parrucchiere o l'estetista.
Caro Nico, voglio finire qui (per mia e tua fortuna). Ma se mi venisse chiesto di epitomizzare tutto questo con un'unica parola risponderei: disgustoso! A presto, tuo
MARIO PEZZA

JAZZ. Il grande chitarrista Django Reinhardt nel brano intitolato “Brasil”. Peccato il titolo. Lo dedichiamo volentieri al Brasile senza sua colpa (ma per colpa dei suoi cattivi politici) terzomondista ma classista, ricchissimo e poverissimo, caotico, corrotto, anti-occidentale, anti-liberale, distruttore non delle favelas ma delle foreste dell’Amazzonia. Lo stesso che ha rifiutato di estradare il pluri-omicida Battisti.

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