29 gennaio 2012

PARCHI A ROMA. Quando i giardinieri sono molto peggio di vandali e turisti.

Ringhiera da palazzina di periferia nel parco di villa Pamphili (29 genn 2012)Roma, ex capitale d’un Regno mitico, etrusco-latino, poi d’una severa e inflessibile Repubblica, poi dell’Impero Romano, poi ancora dello Stato della Chiesa, infine e con molta fatica e fortuna dello Stato italiano unito. Tra opere ancora in piedi e quelle nei musei, la più alta concentrazione di monumenti, rovine archeologiche e opere d’arte al Mondo.

Voglio dire che di armonia e bellezza artistica dovrebbero intendersi, da noi, anche i più rozzi contadini, ammesso che ne esistano ancora (di contadini, perché di rozzi è piena l’Italia di oggi). Non potrebbe mai essere come ad Atene, dove il Bello non è più da molti secoli parte della sensibilità e cultura diffusa, semmai regna il kitsch dei Paesi in eterna via di sviluppo, il concetto di armonia e “decoro urbano” non esiste proprio, non c’è la manutenzione, tutto sembra “non finito”, nell’indifferenza generale, tanto che dai piloni di cemento grezzo delle case abitate spuntano i fasci di tondini di ferro dell’armatura, nella vana speranza di un secondo o terzo piano che mai verrà. Ma i Greci, si dirà, erano già decaduti al tempo dei Romani, a cui vendevano volentieri le loro stupende statue (statue di scultori che non li rappresentavano, sorti dal magma etnico come una beffa del Caso), e poi come popolo di pastori subirono senza reagire secoli di dominazione cristiano-ortodossa (coi preti fanatici e ottusi che fondevano le statue pagane per farne calce per costruire le loro orribili chiesette), e poi turco-musulmana.

Nessun paragone è possibile con la nostra civiltà, che non ha mai avuto soluzione di continuità e che, anche nei periodi più bui, è stata povera e non libera, sì, ma sempre artisticamente attiva e all’avanguardia. A Roma e in Italia, se non altro, dovremmo possedere in tutti gli strati almeno il semplice buonsenso estetico che i Greci non hanno, perché lo abbiamo ereditato nel nostro Dna culturale collettivo. E allora, come mai negli ultimi 20 anni i peggiori “burini” e “cafoni” sembrano arrivati al Potere? Come mai la gente più rozza e grossolana sembra essersi impossessata (basta sentirli parlare) di Municipi, Comune e Regione? E non parliamo dei servizi tecnici! Insomma, è davvero inquietante e inspiegabile – se non con l’ascesa al potere di uno strato sociologico di rozzi arrivisti attratti solo dai soldi e dal comando – l’attuale disinteresse per il decoro urbano, l’armonia e il Bello.

Prendiamo un esempio minimo, perché è dalle piccole cose – rivelatrici, perché su di esse si esercita di meno lo spirito critico – che si giudicano uomini e città. Ma di altri esempi piccoli, medi e grandi ce ne sarebbero migliaia, solo a Roma.

Nella manutenzione dei parchi cittadini dovrebbe essere istintiva la scelta della pietra, del legno, del metallo più appropriato all’ambiente. Oppure non bisognerebbe far niente, lasciar fare alla Natura, cosa mille volte più dignitosa, in certi casi. Per esempio nei parchi cittadini, specialmente quelli che hanno ampie zone “selvagge” come villa Pamphili. E invece, che accade?

Ecco, invece, come nel 2012 d.C. ignoti giardinieri, geometri, fabbroferrai, architetti, piscicoltori, avvocati, insegnanti logopedisti, archivisti di III classe aggiunti in prova, ragionieri, disegnatori, laureati in filosofia a Cassino, insomma non si sa quali misteriosi specialisti pagati a caro prezzo (lo stipendio) dal Comune di Roma – nota accolita di raffinatissimi dandies e maniaci esteti capaci di morire in difesa del Bello – hanno affrontato e risolto il problemino elementare paesaggistico-stilistico-estetico di collegare con una staccionata o recinzione adatta e “accettabile” prato, viottolo e siepe di alloro sullo sfondo (foto 3), nell’altrimenti bellissimo parco di villa Pamphili. Un disastro.

nico4 011Attenzione per chi non conosce bene villa Pamphili, siamo nella parte più inglese, più “selvaggia” dell’area verde, dove già una siepe troppo inutilmente pareggiata e rifinita, l’insopportabile “ghiaietta romana” nei vialetti, una tuja piccolo-borghese o un abete natalizio, o un albero abbattuto senza essere soppiantato da un albero nuovo (altro viziaccio del Servizio Giardini di Roma), per non parlare delle tante inutilissime targhe toponomastiche (altrimenti i postini a chi la recapitano la corrispondenza diretta agli alberi del parco?), sono una dolorosa stonatura, provocano una fitta al cuore nei più sensibili all’estetica.

Macché, quasi come in Grecia (be’, non esageriamo) al Comune di Roma non si pongono proprio problemi estetici. Così il brutto regna sovrano dappertutto. Il decoro urbano è rovinato. Spesso col benestare della Sovrintendenza, sia comunale che di Stato (famigerate le enormi obbrobriose palle di ferro che delimitano la fontana delle tartarughe in piazza Mattei, immiserendola).

Ma torniamo al rispetto del paesaggio verde. Alberi bellissimi vengono tagliati alla base per i più diversi motivi. E mai rimpiazzati. Oppure vengono “capitozzati”, cioè orrendamente potati, e pure nel periodo vegetativo sbagliato, in genere in primavera… Il ricordo dei cento pini di 80 anni di età tagliati a viale Medaglie d’Oro, e delle stupende quinte di alti arbusti di alloro sradicati all’ingresso del Gianicolo di villa Pamphili in occasione della visita del dittatore Gheddafi, per evitare che vi si nascondessero eventuali attentatori, è ancora doloroso e non si marginerà mai.

Ora, sempre a villa Pamphili, vicino alla cascina Farsetti, sul lato di via Aurelia Antica, una misteriosa proprietà ha spostato in avanti i suoi confini rubando diversi metri alla villa, compresi bellissimi alti arbusti di alloro, subito tagliati alla base (l’alloro, rustica e stupenda pianta-simbolo della storia di Roma, sembra l’arbusto più odiato). Una cosa mai vista: villa Pamphili anziché ingrandirsi viene ridotta. La inquietante proprietà fantasma, dove non si vede mai nessuno, ma è protetta da tre enormi e altissimi fari di sorveglianza non proprio tipici di una qualunque proprietà privata, segno che una priorità è impedire e individuare subito eventuali intrusi (servizi occulti, Polizia, centralina di Stato, altro?) si protende per oltre quattro metri nella Villa. Tutto lascia pensare che sia una proprietà pubblica di Stato, che come sempre ha rubato lo spazio all’uso dei cittadini (Centinaia sono i palazzi di Roma acquisiti dal Potere, a spese del cittadino: il Governo Berlusconi ci ha già abituato a questo e ad altro).

Ebbene, tutto questo lato ha perso la bellissima cortina di alti arbusti di alloro e piante spontanee che coprivano alla vista la bruttura della casetta e degli annessi, compreso un probabile fienile abbandonato, al di là del recinto. Che aspetta il Servizio Giardini a ripristinare vicino alla cascina Farsetti il paesaggio così com’era, cioè a ripiantare una serie di arbusti di alloro? E se il proprietario al di là della rete metallica lo impedisce illegalmente, lo si renda noto. Così i cittadini sapranno chi è che ruba spazio ai parchi romani.

Quel che è certo, per mancanza di idee e personalità, per sudditanza a Governo, casta politica, Vaticano, ipermercati e speculatori finanziari, La Giunta Alemanno, come si vede anche dal disprezzo che riserva all’ambiente, al paesaggio e alla bellezza, è una delle peggiori della Roma democratica.

Ringhiera da palazzina di periferia nel parco di villa Pamphili 3 (29 genn 2012)Inutile protestare col Servizio Giardini o in Comune. Si sa già che cosa direbbero, come del resto hanno detto in passato: “Signore mio, beato lei che pensa a queste cose, con tutti i problemi che ci sono. Noi non abbiamo tempo. Già è tanto, col personale che abbiamo, coi turni e le licenze, se possiamo garantire il minimo… Che cos’è, un giornalista, uno scrittore, un pittore? [cioè, notoriamente dei perditempo, NdR]. Loro, sì, che lavorano, sono professionali, non hanno tempo da perdere, i Socrate misconosciuti di Giardinetti, i Seneca di Grottarossa, gli Einstein di Torpignattara.

Così, ignorando i saggi Romani antichi e l’uso del legno o delle siepi, non leggendo neanche le riviste specializzate, ma prendendo a unico modello la vezzosa ed elegante ringhiera del balconcino della palazzina di periferia in cui vive, l’ignoto “tecnico” comunale ha “risolto” il problema estetico. Altro che staccionata o balaustra in tronchi di legno incrociati, tradizionale da millenni a Roma (v. foto in basso)! Altro che siepe di alloro o di bosso, come suggeriva la siepe di fronte. Ecco, invece, una “elegante” ma inadattissima ringhiera da terrazzino condominiale. Eppure, sarebbe stato meglio e più facile non fare nulla! Visto che “non hanno tempo”, come dicono.

Le cartacce, le plastiche e le bottiglie vuote sui prati non le raccolgono. Gli alberi non li piantano. Potano soltanto o abbattono. Il loro strumento di morte ideale è la sega circolare. Roba da serial killer da film di quart’ordine, quelli che piacciono ai ragazzini psichicamente disturbati .  “In cuor loro – ha detto alla radio il curatore d’una rubrica di giardinaggio – i giardinieri comunali si sentono boscaioli mancati”. E i prati? Devastati dagli enormi pneumatici dei trattori che nei giorni feriali li solcano in lungo e in largo: nella villa si fa tutto con macchine inutili e devastanti, a cominciare dalla distruzione del verde più prezioso, come le stupende quinte di altissimi arbusti di alloro – nella zona del villino Corsini – distrutte con sadismo da Attila ai tempi della visita di Gheddafi.

Staccionata recinzione romana a legni incrociati Se è così, se in fondo in fondo, i parchi, gli alberi, i cespugli,  i prati, il verde, la bellezza, li odiano (mentre non odiano le cartacce, le plastiche e le lattine vuote), perché emigrando a Roma da Trapani, Ferentino o Salerno volevano fare l’usciere o il commesso, non il giardiniere, ebbene, se ne vadano, cambino lavoro. (A proposito, che specializzazione “accademica” ha il direttore del Servizio Giardini? E per caso controlla quello che combinano i suoi un po’ dappertutto?).

Insomma, il Servizio abbandoni del tutto i parchi, non prenda iniziative, e si limiti alla ordinaria manutenzione, cioè alla pulizia dei prati. Questo il nostro consiglio. Se ne vadano! Chiudano in rimessa trattori e macchine e seghe. Il Paesaggio, gli alberi e la Natura non potranno che ringraziarli. Con soddisfazione non solo dell’occhio ma anche del portafoglio.

Ma, no, pur nella famosa pigrizia senza controlli tipica dei lavoratori municipali romani, sono attivissimi e instancabili nel pensare, programmare e realizzare il peggio.

Che poi la Magistratura abbia messo sotto inchiesta alcuni dirigenti dei Giardini romani per corruzione, non ci meraviglia affatto: anzi comprova una volta di più che l’inefficienza è collegata alla disonestà, e viceversa. Anche perché l’intelligenza è una e indivisibile, anche quando è modesta. Perciò il grande Benedetto Croce ai tanti che lo interrogavano sulla “questione morale” rispondeva che basterebbe richiedere al funzionario pubblico l’efficienza. Insomma è l’etica del dovere. Il massimo indice dell’onestà? Non è il numero delle confessioni davanti a un prete, ma il proprio lavoro ben fatto, e nel più breve tempo possibile.

IMMAGINI. 1-2-3. Tre pugni in un occhio, specialmente in un parco romano! 4. Ecco come dovrebbe essere una recinzione tradizionale, tanto più in un parco romano.

JAZZ. L’orchestra di Frankie Trumbauer con Bix Beiderbecke alla cornetta in I’m Coming Virginia. Dell’incisione fanno parte anche Jimmy Dorsey ed Eddie Lang (Salvatore Massaro). Il brano, molto noto, dura oltre 3 minuti.

AGGIORNATO IL 2 APRILE 2015

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06 gennaio 2012

BEVANDE zuccherate e cibo spazzatura: il junk food non va vietato, ma tassato.

APPELLO  AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, E AI  MINISTRI  DELLA SALUTE  E  DELLE  FINANZE

«Premesso che in un sistema liberale ogni cittadino adulto deve poter acquistare e mangiare quello che vuole, senza proibizionismi moralistici o salutismo coatto di Stato;
      accertata l’enorme diffusione tra giovani e giovanissimi di bevande gassate o zuccherate, note come “soda” nelle statistiche di Regno Unito, Stati Uniti e Canada, che in Italia ammontano a ben 2870 milioni di litri/anno consumati secondo dati dei produttori, seguite da tè e caffè freddi in bottiglia o lattina (670 milioni di litri/anno), e dalle cosiddette bevande “energizzanti” ("Energy drink"), in realtà spesso solo straricche di zucchero e solo blandamente tonificanti, e sempre piene di inutili additivi, dannosi in eccesso, come la niacina o vitamina B3 che in casi estremi ha provocato perfino gravi epatiti, o le cosiddette bevande rimineralizzanti “da sport” ormai di consumo popolare fuori dall'ambiente agonistico (120 milioni di litri/anno), raggiungendo così la somma totale di ben 3360 milioni di litri di bibite zuccherine da bar, con un boom accessorio e più grave per la salute (5 miliardi di litri/anno) a causa degli eccessi di zucchero e ingredienti vari delle bevande analcoliche ritenute sane ed "energetiche" da adolescenti e giovani; 
junk_food      considerato, d’altra parte, che lo Stato illuminato d’un sistema liberale deve tener conto non solo di alcuni, ma di tutti i diritti, soprattutto dei più deboli, perché meno informati, meno colti, soprattutto se giovani, proteggendo la salute dei cittadini-acquirenti (che oltretutto sono milioni) piuttosto che gli interessi dei produttori (che sono pochissimi), e che deve comunque educare i minori (che non per caso frequentano le scuole) anche a più corretti comportamenti alimentari;
      visto che migliaia di studi scientifici seri provano che non solo fumo e alcol, ma anche il cosiddetto junk food (“cibo spazzatura”: bevande e alimenti ricchi di zucchero, sale o grassi, come dolciumi e snack salati) sta aumentando a dismisura il rischio di molte e gravi disfunzioni metaboliche, sovrappeso e diabete, e in conseguenza anche di danni da carenze nutrizionali ed errata dietìa in bambini e adolescenti in età scolare, giovani e adulti, con altissimi costi per la società e lo Stato, non solo economici (milioni di euro all’anno in diagnosi, cure, mancato lavoro e invalidità, a causa di carenze nutrizionali, sovrappeso, obesità, diabete alimentare, malattie cardiovascolari, cancro, ecc.), ma anche di efficienza e benessere generale, in quanto offre soltanto dannose “calorie vuote”, senza dare né vero nutrimento né quella protezione che ormai si richiede a una dieta corretta;
Bibite dolci di varie marche e tipi (etichette sfocate)      appurato che i danni alla salute dei consumatori abituali ed eccessivi di bibite zuccherate hanno anche un pesantissimo costo finanziario per il Sistema Sanitario nazionale, pari a svariate centinaia di milioni di euro all'anno (nella sola Gran Bretagna si parla di ben 27 miliardi di sterline);
      preso atto che in tempi di grave crisi economica e finanziaria lo Stato è alla ricerca disperata di risorse, e che è intenzionato comunque, piaccia o no, a porre nuove o più alte tasse, ancor più insostenibili per i cittadini in quanto non sembrano legate ad un criterio logico;
      ritenendo civilmente doveroso che coloro che intendono continuare ad ogni costo, nonostante la trentennale messa in guardia della scienza – e, sia chiaro, se adulti hanno tutto il diritto di farlo – a consumare prodotti nutrizionalmente inutili o dannosi a base di zucchero, grassi e sale, chiaramente collegati all’aumento di gravi malattie già molto diffuse (considerando anche che questi prodotti hanno in genere un prezzo molto basso, che ne facilita la diffusione), contribuiscano almeno in minima parte all’aggravio di costi a cui condannano ingiustamente – in tempi di grave crisi economica – il  resto della popolazione, anche quella che ha comportamenti “salutistici”, e le strutture pubbliche;
junk_food_2      proponiamo come criterio di tassazione indiretta sensato, intelligente, moderato, per nulla traumatico e molto utile e redditizio per la società quello della utilità-dannosità rispetto alla salute dei cittadini, tanto più rilevante se si tratta di beni e alimenti “voluttuari” del tutto inutili dal punto di vista nutrizionale, e alcuni dei quali a larghissima diffusione e a basso prezzo;
      esortiamo, dunque, il Ministro della Salute e il Ministro delle Finanze ad applicare tasse diversificate colpendo maggiormente e comunque in modo significativo, come del resto si fa o si sta progettando di fare in vari altri Paesi liberali (p.es. Gran Bretagna, Australia, Francia ecc.), i prodotti più economici e-o di più largo consumo come le bevande zuccherate (p.es. un’imposta di 50 cent o 1 euro/litro darebbe a parità di consumi rispettivamente 1800 e 3600 milioni di euro all’anno), i seguenti generi di largo consumo, alimentari o no, al momento della produzione o dell’acquisto: alcolici e aperitivi (tranne vino, birra e sidro), patatine, chips, salatini e snacks, bibite dolci in bottiglia o lattina (aranciate, limonate, chinotti, bevande alla cola, bevande “energy” o da sport, tè e caffè in lattina o bottiglia), estratti o nettari di frutta con o senza zucchero aggiunto, zucchero da cucina, caramelle e praline, confetture e marmellate, biscotti dolci confezionati, gelati, budini confezionati, cioccolato al latte, cioccolatini ripieni, prodotti da pasticceria fresca e conservata, creme dolci spalmabili a base di grassi, creme di latte, yogurt dolcificati, margarina e, se a base di farina 00 o 0, tramezzini, panini, pizze, pizzette da bar, sandwich, croissant o cornetti (anche non dolci), tabacco.
      Riteniamo che da questa misura, anche applicata solo parzialmente (p.es. cominciando dalle diffusissime bibite zuccherate - la salute dei cittadini, i bilanci sanitari delle Regioni e il bilancio generale dello Stato trarrebbero sicuramente grande vantaggio, senza peraltro incidere minimamente sulla libertà dei cittadini acquirenti o produttori».

E FINALMENTE QUALCOSA SI MUOVE. L’OMS….
      Ci conforta che il tossicologo Silvio Garattini, con Veronesi uno dei ricercatori più intelligenti ed eclettici in Italia, sia d’accordo con un ragionamento simile (v. bella intervista di M. Paola Cicerone sul Fatto Alimentare) e difenda la sensata indicazione della WHO-OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità, emanazione dell’ONU) di ridurre la percentuale di zuccheri semplici nelle dieta quotidiana dal 10 al 5%, con l’incredibile e scandalosa opposizione proprio del Governo Italiano. Che c’entra l’Italia? E’ forse tradizionale in Italia il dolce? Nient’affatto: studino la storia dell’alimentazione gli ignoranti del Governo.
     L’eccesso di zucchero, bevande zuccherate e dolci mai è stato una caratteristica delle storica dieta del popolo italiano. Basti ricordare che i dolci da noi sono sempre stati un evento della festa, delle rare ricorrenze, non certo un uso quotidiano. Fino a pochi anni fa, in molti casi tuttora, nei paesi del Sud neanche esistevano le pasticcerie… Insomma, zucchero e sale sono quasi sempre inutili e dannosi. Non è corretto vietarli, ci mancherebbe, ma visto che attualmente sono scandalosamente economici, poco più che gratuiti (poche decine di centesimi per mezzo kg), sarebbe giusto e utilissimo tassarli. Per dare un segnale. E così, almeno, lo Stato si ripagherebbe le maggiori spese che i consumatori inconsulti di zucchero e sale provocano al Paese.

E I GOVERNI FINALMENTE OSANO SFIDARE L'IMPOPOLARITA' TRA GLI OTTUSI.
      Del resto, in molti Paesi progrediti si sta discutendo sull’opportunità di tassare bevande zuccherate e cibi junk food. Anche l’illuminato sindaco di New York, Bloomberg, per contrastare l’obesità diffusissima in città, ha proposto di limitare le vendite di bevande gassate “formato famiglia”, sollevando le polemiche dei produttori e il plauso dei medici specialisti. Del resto, in vari Paesi, e non solo anglosassoni, le tasse su alcuni prodotti dannosi (alcolici, tabacco) ci sono già da tempo, e sono molto alte. In Italia, la Coldiretti si è detta d’accordo con la tassazione delle bibite gassate, allo scopo di favorire la frutta naturale. Non tiene conto, però, che anche i “succhi di frutta” ed estratti di frutta, pur essendo ottenuti da frutti naturali, e in alcuni caso senza aggiunta di zucchero (le confezioni si presentano di solito in cartoni dotati di beccuccio), finiscono per essere ricchissime di zuccheri semplici, quelli dolci per intenderci, a causa della concentrazione. E perciò sono ad alto rischio, soprattutto per i bambini e i giovani. Insomma, non è solo questione dell’origine di questi zuccheri (anche lo zucchero bianco puro è di origine naturale), ma del danno che l’eccesso di zuccheri (saccarosio, fruttosio, glucosio ecc.) può arrecare all’organismo, dai danni patologici al metabolismo fino all’incremento del rischio di malattie cardio-vascolari e tumori.
      Il Capo del Governo del Regno Unito aveva deciso finalmente di tassare le bibite contenenti un alto tasso di zucchero, ma soltanto a partire dal 2018 (e chissà se questo avverrà, dopo le sue dimissioni). L'importante, comunque, è che un Capo di Governo europeo si sia detto convinto che i divieti sono controproducenti e sempre odiosi, tanto più se salutistici, ma che un leggero aumento del prezzo, inevitabile per questi prodotti tecnologicamente semplici e dal costo di produzione bassissimo una volta tassati, sia una persuasione "gentile" molto più efficace, proprio perché - al contrario di quanto afferma il mediocre articolo citato - i maggiori consumatori di bevande a base di zucchero sono i giovanissimi e le persone a basso reddito, per le quali la piccola "stretta" impositiva indiretta equivale a una forma di educazione alimentare ed economica. Ma glielo consentiranno le potentissime lobbies delle bibite? Ci vuole una decisione super partes d'un qualche Organo istituzionale internazionale di Sanità, come l'OMS (WHO), l'Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha proposto finalmente di tassare fino al 20% le bibite zuccherate, per ridurre l'incidenza di obesità giovanile, diabete e carie dentale. Oggi assommano a ben 42 milioni i bambini obesi nel Mondo, la metà dai quali vive in Asia. L'obiettivo è dimezzare l'incidenza epidemiologica, almeno tra i bambini, dell'obesità, e niente come un consistente aumento del prezzo può aiutare a raggiungerlo.

MMAGINI. 1. Quanto zucchero c'è nella più tipica bevanda zuccherata: la Coca Cola (SugarStacks.com). 2. Tipico pasto junk food: panino con hamburger, patatine fritte e bevanda alla cola. 3. Le bibite industriali in bottiglia o lattina o cartone (aranciate, limonate, acque gassose dolcificate, bibite alla cola, chinotti, succhi di frutta, bibite energizzanti o con integratori, tè, nettari di frutta, estratti di frutta ecc.) sono ricchissime di zucchero, anche più del 10%. Non conta, ai fini della salute, se lo zucchero sia naturale o aggiunto. Infatti non pochi frutti naturali hanno la stessa percentuale di zuccheri, ma dei frutti non si abusa. Conta, perciò, il fatto che il basso prezzo, il fatto che siano freddi o ghiacciati, l’errata convinzione che siano “dissetanti”, la facilità di acquisto e di consumo, e l’adesione a modelli sociali di comportamento suggeriti dalla pubblicità, spingano enormi fasce della popolazione, soprattutto i giovani e i bambini, ad un consumo smodato. Senza contare le sostanze chimiche aggiunte. 4. Vassoio junk food con frittura: frittura salata, patatine fritte salate, panini di farina 00 (raffinata, cioè senza fibre e sostanze protettive) con aggiunta di grassi e altre sostanze, per di più riempiti di cibi a base di grassi saturi e sale. Il tutto da condire con salse, cioè con altri grassi e sale. Non c’è l’ombra dei cibi più importanti e protettivi: verdure, frutta fresca, legumi, cereali integrali.

AGGIORNATO IL 2 NOVEMBRE 2018

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