19 ottobre 2012

ERBE. Mal di testa? Menta (ma non mentolo), cannella, cajeput o eucalipto

mentha piperitaUn ragionamento sbagliato, molto comune tra i consumatori d’oggi, abituati ai farmaci basati su un solo principio attivo, cioè su una sola molecola, è: “quest’erba aromatica (oppure questa spezia, questo alimento) è efficace? Bene: usiamo il suo presunto principio attivo: sarà sicuramente più concentrato e dunque più efficace dell’erba fresca intera, e anche del suo olio essenziale”.

No, non è vero. Un esempio: la menta piperita, tanto più se in unione con altre erbe e spezie, fa passare o attenua una cefalea, come sembra provato? Ebbene, non è lecito ricorrere al Bignami, al “sunto” estremo del suo olio essenziale, il mentolo, che è solo uno dei componenti dell’o.e. di Mentha piperita. Lo stesso per altri presunti principi attivi isolati, come la capsaicina del peperoncino. Infatti, in mancanza del bilanciamento tra decine e decine di composti naturali, tra loro in sinergismi e antagonisti misteriosi e molteplici, molti dei quali ancora da scoprire, il solo mentolo – già si è visto – fa solo male, irrita la pelle e le mucose. Viene da ricordare per analogia il beta-carotene, antiossidante e anti-cancro quando è negli alimenti insieme con centinaia di altre sostanze, mentre diventa ossidante e cancerogeno da solo, come integratore (e si dovette interrompere un famoso esperimento perché le persone a cui era stato somministrato morivano di più, di cancro…). Idem per la vitamina C, definita mutagenica già dagli anni ‘80 (B.Ames. A proposito: oggi a Szent Gyorgyi, che ne raccomandava “grammi” al giorno, toglierebbero il premio Nobel…). Lo stesso accade con le caramelle “alla liquirizia” o i tronchetti di “liquirizia purissima”, di per sé emollienti e anti-tosse, ma furbamente-stupidamente addizionate di mentolo puro per profumarle e dare un distorto senso di freschezza da banale “profumatore d’alito” (come nei dentifrici). Ebbene, la liquirizia pura, non mentolata, riferiscono i fitoterapeuti e gli studi clinici, attenua i sintomi e perfino “cura” certe forme di reflusso esofageo e di gastrite, mentre quella addizionata di mentolo – e lo è tutta quella in bustine e scatolette “da bar”, cioè di largo consumo – è sicuramente controindicata e può essere dannosa, tant’è vero che è nella lista nera dei cibi vietati dai medici gastroenterologi ai tanti sofferenti di questi disturbi.

Insomma, non è importante che il principio attivo isolato (p.es. il mentolo) sia prodotto per sintesi chimica, sia cioè sintetico, oppure estratto da una pianta, come la menta, e sia definito perciò “naturale”, (abusivamente, visto che non è affatto naturale che una sostanza stia da sola nel mondo delle piante). Infatti, tutte le molecole di mentolo, qualunque sia la loro origine, sono uguali e indistinguibili tra loro. E’ importante, invece, che la molecola o le molecole attive non siano isolate, e restino in quel complesso microcosmo di diversità biochimica che è il vegetale, la pianta intera. Insomma, è naturale l’interezza, la complessità e la diversità biologica, il cibo anziché l’integratore, la pianta completa, anziché la molecola singola, perfino il pane integrale anziché il pane bianco e la crusca e il germe separati.

Alt. Con quest’ultimo esempio, l’orizzonte cambia e si allarga: è stato compiuto un salto logico. Dalle molecole isolate chimicamente si passa a parti del cibo o della pianta separate in modo meccanico o fisico, cioè rozzo e semplice. Farina bianca, crusca e germe di grano non sono molecole chimiche isolate, come il mentolo o la capsaicina, non sono una formula chimica, ma insiemi ancora molto complessi di centinaia di molecole chimiche, non ancora tutte scoperte e individuate. Ma, se così è, come si inserisce in questa contrapposizione un “olio essenziale”, che non è tutta la pianta, ma neanche una sola molecola? Oggi non si usa più il sistema “naturale” (rieccoci col termine sbagliato!) della spugna imbevuta di oli aromatici della scorza di limone. Sistema rozzo e semplice teoricamente compatibile con un uso tradizionale. Oggi si usa la distillazione. Se questa non porta ad isolare una sola molecola ma tutte le molecole attive aromatiche, ecco che l’olio essenziale si pone in modo intermedio e problematico, in discreta analogia col germe di grano, per esempio. Un male minore, una mediazione quasi filosofica tra il tutto e una sola molecola. Con tanti pro e contra: non per caso con gli oli essenziali ci si intossica, mentre con le erbe aromatiche no… Oddio, che mal di testa!

Ecco, appunto, torniamo al mal di testa. Un interessante e ben documentato articolo di Cesare Peccarisi su Corriere Salute (18 ottobre) merita di essere ripreso. Due sono i motivi d’interesse: 1. l’approvazione da parte della scienza sperimentale e della clinica medica dei rimedi naturali, quando questi sono radicati nel tempo e dunque comprovati; 2. la stoccata al modo assurdo, sofisticato, artificialissimo e poco realistico di impostare gli studi scientifici da parte di molti capi-ricercatori occidentali. Ecco perché, poi, molti studi, pur statisticamente riusciti, non trovano alcuna rispondenza con la realtà.

L’olio essenziale, l’estratto, la tintura madre, la molecola isolata del presunto principio attivo, le fibre o i polifenoli estratti ecc., servono con i loro valori standardizzati e “titolati” a condurre con dati numerici certi un esperimento o una terapia, e a rendere lo studio razionale e riproducibile da altri ricercatori. Perché non solo la menta piperita ma qualunque erba, qualunque alimento vegetale, dal grano alla lattuga, ha una composizione diversa in percentuali (e talvolta addirittura in componenti: terreno e concime possono essere determinanti) a seconda del luogo e delle condizioni in cui è stato coltivato. Infatti, le tabelle di composizione degli alimenti – pochi ne tengono conto – sono delle medie tra valori spesso lontanissimi. Insomma, p.es., all’atto pratico potrebbe benissimo accadere che la menta piperita del raccolto 2011 di Spello (Umbria) si dimostri efficace in uno studio, mentre quella del raccolto 2010 di Novate (Lombardia) non lo sia. E poi, come potrebbe un ricercatore, non dico degli Stati Uniti, ma perfino della Campania o della Liguria, procurarsi la medesima erba di quell’anno, quell’appezzamento, per ripetere l’esperimento? Ecco perché gli estratti, gli oli essenziali, le tinture, le molecole isolate, sono una mediazione, un “male necessario” , spesso una vera e propria “finzione” analogica, che in cambio di una certa dose di irrealtà serve a darci pur sempre indicazioni, e a mandare avanti la scienza. Ma hanno ben poco a che vedere con l’erba vera, intera, fresca, e con l’alimento reale e completo.  Infatti, le componenti isolate spesso hanno effetti secondari o si dimostrano tossiche o inefficaci, al contrario di erbe e cibi al naturale. La carota riduce il rischio di cancro, mentre il beta-carotene isolato lo aumenta (“naturale” o “artificiale” che sia). Per fortuna, poi, ci pensano gli studi epidemiologici, gli esperimenti clinici, i questionari sui consumi alimentari, e perfino alcuni studi di laboratorio basati sui vegetali completi, a ristabilire i diritti della realtà, anche a scapito della riproducibilità. NICO VALERIO

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I RISULTATI DI DUE STUDI. MAL DI TESTA: LA MENTA FUNZIONA DAVVERO

Ma la FDA avverte: no all'abuso di creme, lozioni, unguenti o cerotti imbevuti di mentolo, metilsalicilato, capsaicina

“Il recente monito della Fda, ente statunitense per il controllo dei farmaci, sui pericoli che possono derivare dall’uso incontrollato di creme, lozioni, unguenti o cerotti antidolorifici imbevuti di mentolo, metilsalicilato o capsaicina per il rischio di ustioni chimiche dal 1° al 3° grado porta alla ribalta i risultati di uno studio tedesco pubblicato tempo fa su Cephalalgia dai ricercatori dell’Università di Kiel e ripreso successivamente dai ricercatori iraniani della University of Medical Sciences di Shiraz che hanno pubblicato un’altra ricerca sull’International Journal of Clinical Practice confermando che l’estratto di menta è un efficace rimedio contro emicrania e cefalea di tipo tensivo. Per la precisione, i tedeschi hanno trovato che l’olio essenziale di menta piperita ottiene una significativa riduzione del dolore (40,3%) e gli iraniani hanno visto che anche una soluzione al 10% di mentolo riduce in maniera ugualmente significativa il numero di pazienti affetti da emicrania con aura. In entrambi i casi si tratta di studi in doppio cieco con controllo placebo e quindi condotti secondo i crismi della scientificità, ma è curioso osservare come abbiano diversamente operato i ricercatori iraniani e quelli tedeschi.

«TORTURE» - Questi ultimi, invece di studiare direttamente pazienti emicranici, hanno arruolato soggetti sani che, informati e consenzienti, sono stati trasformati in emicranici tramite vere e proprie "torture" volte a verificare la loro soglia di dolore cranico e a scoprire come aumentarla. Sono stati usati diversi tipi di stimolazione. Una fascia attorno alla testa (algosimetro a pressione) che man mano si restringeva, ricreando la situazione costrittiva dolorosa di chi ha un attacco emicranico. Poi uno strumento in ceramica riscaldato elettricamente a contatto con la fronte, 1 cm sopra la radice del naso che procurava un crescente dolore termico. Infine un manicotto gonfiabile attorno al cranio che, aumentando di pressione, comprimeva i vasi pericranici ricreando la fase di ischemia dell’attacco. Oltre ad aver considerato tutte le variabili confondenti che potevano influire sulla percezione soggettiva del dolore, prima fra tutte l’umore di queste persone al momento dell’esperimento, la loro muscolatura cranica era continuamente controllata con un elettromiografo per accertare che non barassero quando dichiaravano quanto dolore provavano entro una scala precedentemente concordata che andava da nessuno dolore (0) a dolore fortissimo (5). Quando ai malcapitati era ormai venuto un gran mal di testa i ricercatori hanno applicato sulla loro fronte e sulle tempie olio essenziale di menta piperita, un rimedio usato da secoli nella medicina tradizionale ed empirica del Nord Europa e i ricercatori hanno constato che in effetti ha un efficacia significativa (40,3%).

BALSAMO DI TIGRE - E come ulteriore verifica hanno anche voluto vedere cosa succedeva aggiungendo un altro rimedio tradizionale molto diffuso, l’olio di eucalipto e così facendo hanno in pratica riprodotto qualcosa di simile a un altro prodotto empirico molto usato dai cefalalgici di tutto il mondo: il balsamo di tigre che, oltre a menta e mentolo, contiene anche cannella e l’erba di origine australiana caieput, molto simile all’eucalipto. I ricercatori hanno verificato che, associate, le due sostanze hanno un’azione sinergica, ma, come fa notare in un commento pubblicato sempre su Cephalalgia dal professor Jean Schoenen, uno dei guru mondiali delle cefalee dell’università belga di Liegi, ognuna di queste sostanze ha una sua azione specifica. La menta piperita agisce soprattutto sulla componente muscolo-tensiva del mal di testa, mentre l’eucalipto riduce la percezione del dolore termico e ischemico. Se gli autori vanno lodati per aver dato una dignità scientifica ai rimedi antiemicranici della nonna, dice Shoenen, questo studio resta difficile da decifrare con chiarezza, sia per modo un po’ teutonico con cui è stato condotto, sia per i risultati ottenuti. Anche perché, insinua lo studioso, nessuno ha pensato a quale azione questi rimedi possono avere sul sistema olfattivo che, come è noto, gioca un ruolo importante nel mal di testa, sia in senso positivo (aromaterapia), sia in senso negativo (osmofobia, cioè repulsione per odori anche non necessariamente cattivi che scatenano gli attacchi).

TANTI MASCHI - Più lineare appare lo studio iraniano dove i pazienti erano veri emicranici reclutati tramite inserzioni sui giornali: a dispetto della prevalenza femminile dell’emicrania il campione era costituito soprattutto da maschi (80%) e solo per il 20% da donne. Anche in questo studio è stata applicata sulla fronte e sulla tempia dei partecipanti una soluzione di mentolo al 10% che ha alleviato nausea, vomito e intolleranza per luci e rumori, liberandoli in misura significativa dal dolore entro 2 ore, l’indice temporale ufficialmente considerato come quello adatto a stabilire l’efficacia terapeutica anche dei veri farmaci. L’effetto analgesico di questa sostanza sembra esercitarsi andando ad inibire gli stimoli dolorosi periferici che, secondo la famosa teoria del cancello formulata quasi cinquant’anni fa da Melzack e Wall, possono arrivare al cervello solo se riescono ad attraversare un certo sbarramento nervoso: la cosiddetta indifferenza congenita al dolore dei fachiri è l’estrema dimostrazione di come sia possibile non sentire dolore se si sa chiudere quel cancello.

ABUSO DI FARMACI - Alla luce dei rischi dell’uso eccessivo di antidolorifici locali denunciati dalla Fda che in alcuni casi hanno addirittura comportato il ricovero per le complicazioni cutanee che ne sono derivate, questa nuova chance terapeutica pone però il problema di conciliare il suo impiego con la tendenza all’abuso insita nella psicologia dell’emicranico, per sua natura portato ad esagerare con i trattamenti, tant’è che la maggior parte delle cefalee cronicizzate che arrivano ai Centri Cefalee sono legate ad abuso di farmaci, come ha appena sottolineato in Inghilterra anche il Nice (National institute for health and clinical excellence) che ha diffuso oltremanica un manuale sui rischi da iper-trattamento da considerare ogni volta che un paziente riferisce peggioramento della cefalea dopo che da 3 mesi o più stava assumendo per almeno 10 giorni al mese alcuni farmaci di prescrizione (triptani, oppioidi o ergot-derivati o analgesici tra loro associati) oppure, per almeno 15 giorni al mese farmaci da banco (paracetamolo, ASA e un FANS, da soli o in associazione). I timori della Fda sono più che fondati, anche perché non esiste un manuale per l’impiego di oli e balsami antidolorifici e sarebbe comunque problematico farli rispettare dal paziente che usa questi rimedi al bisogno come vuole e senza controllo medico. Il problema adesso è come evitare guai e a trarre vantaggio da preparati che sembrano efficaci e che, tutto sommato, costano meno dei farmaci ufficiali. Per ora i casi di lesioni cutanee da abuso riportati dalla Fda sono già 43 e in poco più del 3% c’era di mezzo il mentolo.

IMMAGINE. Mentha piperita (disegno).

JAZZ. IL sassofonista tenore Stan Getz ripreso in rare incisioni dal vivo al Birdland (attraverso la radio!) ai tempi del sestetto di Davis tra be-bop e cool (1950). Il brano è Conception. Miles Davis trumpet, Stan Getz tenor Sax, J.J. Johnson trombone, Tadd Dameron piano, Gene Ramey bass, Art Blakey drums.