04 agosto 2015

INTELLIGENZA. L’Italia di oggi è la nazione più intelligente dell’Occidente?

Giovanni Pico, dei conti di Mirandola e di Concordia, visse solo 31 anni, ma fu accompagnato in vita e soprattutto seguito dopo la morte (Firenze 1494) dalla fama di genio, non solo per la leggendaria memoria prodigiosa e la stupefacente velocità nell’apprendimento, ma anche per la vastità dell’erudizione e la profondità della cultura. A dimostrazione che la grande intelligenza, quando c’è, è pervasiva, Pico è davvero versatile, andando oltre le categorie medioevali del “trivio” e “quadrivio”, cioè le branche del sapere dell’epoca (artes liberales), occupandosi di filosofia e matematica, grammatica e astrologia, politica e teologia, e così via. Diversamente da altri grandi memorizzatori, tra i quali si contano perfino alcuni ritenuti “poco intelligenti”, Pico è un vero uomo di cultura e un intellettuale a tutto tondo. Sia pure giovanissimo, si distingue per capacità non solo di sintetizzare o criticare idee e tesi altrui, ma anche di elaborare teorie personali. Si inserisce, così, nel dibattito dei grandi umanisti e scienziati dell’incombente Rinascimento, molti dei quali erano suoi corrispondenti e amici.
Ammettiamo che un personaggio come Pico, grazie anche a una breve vita e una scarna biografia, possa essere assunto a esempio alto, addirittura simbolico, di un tipico “uomo italiano intelligente”. E così entriamo in argomento. Una ricerca non italiana a più mani, di continuo rielaborata (e anche criticata, com’è tipico degli studi, che aspettano il giudizio della libera comunità scientifica per essere davvero avvalorati nel metodo, nella tesi e nelle conclusioni), ha portato alla conclusione, passando in rassegna i vari studi sui quozienti d’ìntelligenza individuali (QI), che gli Italiani sono in buona posizione nella classifica mondiale, anzi addirittura primi nettamente in Occidente davanti a Francesi, Inglesi, Americani, Tedeschi. Italia QI 102, Stati Uniti 98. Solo una cosa non ci convince: che i Cinesi siano mediamente molto più svegli degli Israeliani. Non è uno studio recentissimo, ma è stato pochi giorni fa oggetto di un articolo della Voce di New York, giornale web bilingue di italo-americani. Gli psicologi dell’intelligenza interessati al dibattito sapranno già di che si tratta, gli altri curiosi potranno controllare in questo sito la sintesi dello studio di Lynn con facili tabelle, e qui per sommi capi l’evoluzione di questi studi e il dibattito collegato.
A noi, veramente, gli Italiani di oggi non paiono per niente intelligenti come Pico, Ficino, Boccaccio o Dante, Leonardo o Leon Battista Alberti, Lorenzo de’ Medici o Guicciardini, Machiavelli o Cavour. Anzi, a dire il vero, ci sembrano ottusi come i loro cocchieri, contadini, cuochi e servitori. Con la differenza sostanziale che oggi si è instaurata la democrazia – giustamente, perché si è visto che ogni altro regime è peggiore – e perciò quei contadini e servitori, purtroppo ancora con la “intelligenza” d’un tempo, parlano, scrivono, si laureano, e sono anche altezzosi e sicuri di sé: fanno ormai “opinione pubblica” e intelligenza collettiva. Certo, anche negli altri Paesi le masse, politicamente (solo per il puro atto del voto, perché questo, solo questo, è la democrazia) evolute rispetto al Rinascimento, sono in realtà rimaste allo stesso livello, mentre i Pico, gli Erasmo, i Leonardo, sono emarginati o pagati 1000 euro al mese. L’uomo-massa, quindi, non può certo dirsi “intelligente”, e lo constatiamo giorno per giorno, soprattutto nei posti di comando (cultura, arte, politica ecc.), ma anche tra i nostri comuni concittadini: i meno intelligenti sembrano più sicuri di sé, hanno più successo, sono perfino più sani, più ricchi, più felici e vivono di più e meglio. Con grande rabbia degli intelligenti, che rosi dall’invidia si ammalano e muoiono prima, spesso poveri.
Eppure tutto è relativo, e anche tra mediocri o scarsi è possibile una classifica. Sebbene l’intelligenza misurata con QI non abbia molto rapporto con l’intelligenza reale, che è soprattutto psicologica, osservazionale. Uno può benissimo essere veloce a cogliere nessi logici tra figure, a interpolare numeri mancanti in una sequela, ma poi perdersi come uno scemo qualunque nell’interpretare la realtà intorno a lui o la psicologia di parenti, amici e concittadini. Matematica e logica non sono tutta l’intelligenza. 
Prendiamo atto, comunque, che pur con questi limiti, e pure con dimostrazioni ad opera di studiosi non italiani, gli Italiani di oggi (per quanto possa apparire strano in un Paese in cui è costume nazionale l'auto-denigrazione e il pessimismo, e l'unica "virtù" diffusa riconosciuta è la furbizia), non risultano più scemi di Americani e Francesi, Inglesi o Tedeschi. Anche se uno studioso, poi, sostiene che in fondo il vizio che abbiamo sempre lamentato, la stupidità o, se vogliamo, la lentezza a reagire, va abbastanza rivalutata. Un poco di ottusità - è l'amara considerazione che abbiamo sempre fatto - aiuta paradossalmente a vivere di più e meglio. Invece, il fatto che gli asiatici del Sud risultino ancora più intelligenti degli Italiani, è cosa che ci conforta alquanto nella nostra avversione ai test d’intelligenza. Saremo idioti o troppo intelligenti? Comunque, in entrambi i casi, "come volevasi dimostrare". NICO VALERIO

ITALIA, NAZIONE PIÙ INTELLIGENTE DELL'OCCIDENTE
di James Hansen, La Voce di New York
La classifica sulle nazioni più intelligenti del mondo, revisionata e allargata dallo psicologo olandese Jelte Wicherts, sulla base dei risultati dei test di massa del quoziente intellettivo utilizzati in 113 paesi. Singapore al primo posto, seguito dal Sud Corea e dal Giappone. Italia quarta, Germania ottava, USA noni con la Francia
Italians are very smart. L’idea di paragonare il quoziente d’intelligenza medio delle singole nazioni è talmente ovvia che si continua a farlo anche quando il bon ton attuale – il “politically correct” – considera poco elegante parlare dei risultati.
L’Italia figura estremamente bene nella classifica, al quarto posto nell’intero mondo. E’ la nazione più “intelligente” dell’Occidente, preceduta in classifica solo da tre paesi asiatici: Singapore al primo posto, seguito dal Sud Corea e dal Giappone. Il Regno Unito è al 7° posto – come anche la Cina – la Germania all’ottavo, la Francia al nono, a pari merito con gli Usa. La Russia è in decima posizione.
La classifica è stata inizialmente redatta nel 2002 dallo psicologo britannico Richard Lynn e il finlandese, Tatu Vanhanen, uno studioso di scienze politiche, sulla base dei risultati dei test di massa del quoziente intellettivo utilizzati in 113 paesi. E’ stata poi revisionata e allargata dallo psicologo olandese Jelte Wicherts.
Emerge, per quanto senza tanta evidenza guardando solo in cima alla classifica, un chiaro rapporto tra reddito nazionale e intelligenza. Alla sua uscita la ricerca è stata criticata proprio per questo, partendo dal dubbio che siano forse i soldi a rendere i popoli intelligenti e non l’intelligenza a farli arricchire.
Fosse così, le attuali condizioni economiche dell’Italia tenderebbero dunque a dimostrare che gli abitanti della Penisola siano “smart” per conto proprio ed evidentemente squattrinati per semplice iella…
Esiste però un’altra ipotesi, antecedente alla ricerca moderna. L’economista inglese Walter Bagehot (1826-1877) – più noto per essere tra i primi e più importanti direttori de The Economist – non aveva una grande stima della vivacità mentale dei suoi connazionali, ma considerava la loro “lentezza” una virtù dal punto di vista politico. Nel suo Letters on the French Coup d’État scrive infatti, senza ironia: “Ritengo che la qualità mentale più essenziale per un popolo libero, la cui libertà dev’essere progressiva, permanente e su larga scala, sia una buona dose di stupidità”.
Dopo avere paragonato il livello intellettuale dell’Impero Romano (“il grande popolo politico della storia”) a quello della Grecia antica – a danno dei primi, che comunque avevano assoggettato i greci – passa a osservare che “Ciò che chiamiamo con obbrobrio ‘stupidità’... è la risorsa preferita della natura per conservare la risolutezza di comportamento e la coerenza d’opinione”.
“Una ‘giusta stupidità’ – spiegava – protegge un uomo dai difetti del suo carattere… E’ lento a eccitarsi. Le sue passioni, sentimenti e affetti tardano ad accendersi, ma sono forti e stabili... Si sa sempre dove trovare la sua mente. Ecco, questo è esattamente ciò che, nella politica almeno, non si può sapere di un francese”.
Bagehot non offre commenti sugli italiani, un popolo forse troppo intelligente per il suo stesso bene

IMMAGINI. 1. Le nazioni in blu scuro (Cina, Giappone e Italia) hanno avuto i risultati di quoziente di intelligenza più alti. 2. Un tipico test intellettivo. 3. Una sintesi grafica dello studio di Lynn diffusa in Francia: bassa o bassissima performance per i Paesi francofoni: Francia, Algeria e Marocco.
AGGIORNATO IL 5 AGOSTO 2015