22 luglio 2015

ELISIR. Manca l’olio: usiamo le foglie di olivo. Curano più delle foglie di fico?

Un curioso elisir-panacea fatto con le foglie di olivo si sta proponendo come argomento ai tanti ipocondriaci che sotto l'ombrellone non sanno come attaccare discorso con la vicina formosa: "Scusi signorina, che ne pensa di Olife? A lei fa effetto? A me sì, tanto: se mi dà il suo numero di telefono la aggiorno sugli effetti secondari...".
      Il suo principio attivo è la oleuropeina, un polifenolo che è anche un glucoside amarognolo, che - dicono i siti pubblicitari - previene e cura tutto, dall'aterosclerosi alle micosi.
      Troppa grazia, S. Antonio. Di solito, quando è tutto, è niente. Ma si sa, ricchezza, nobiltà e pubblicità: metà della metà.
      Intanto almeno una malattia la cura: il vezzo provinciale – subito fatto proprio da quei provincialotti che sono i Politici italici – di chiamare l'albero dell'olivo "ulivo". Ma i nomi sono le cose, e un errore nei nomi vuol dire: se nessuno ha controllato neanche i nomi (che è facile), figuriamoci gli uomini e i programmi (che è più difficile). Perciò cadde Prodi.
      Per carità, non voglio equiparare questo geniale ritrovato a un intruglio da fiera di paese del ciarlatano Dulcamara, anzi non dubito che possa essere un impiego alternativo per i proprietari di olivi del Salento colpiti dalla xylella.
      Mi permetto, però, una piccola critica lessicale: perché lo chiamano un esempio di "nutraceutica", pessima parola inventata dai soliti americani per le sostanze alimentari che hanno valore bioattivo e farmacologico? La nutrizione non c'entra nulla, nessuno mangia foglie di olivo, neanche in una parola composta: siamo invece nel più classico campo della fitoterapia.
      Piuttosto, è una Nèmesi: ora che l'olio manca, almeno le foglie riscattano questo antico e nobile albero. In quanto alla fondatezza delle sue proprietà, vogliamo sperare, l'infuso toccasana avrà sicuramente un minimo di letteratura scientifica di supporto, almeno in teoria e sui soliti poveri ratti.
      In quanto agli Umani non li vedo consumare foglie di olivo, anzi a stento se le trovassero su un tavolo saprebbero distinguerle da quelle del leccio. A parte i coltivatori, solo i cattolici sono a tu per tu con le foglie dell'olivo, perché una volta all’anno gli vengono propinate dai preti imbroglioni come "palma". Solo che le palme si sprecavano in Israele 2000 anni fa, mentre in Europa, anche per colpa del punteruolo rosso, sono più rare, e guai a chi le spoglia. La Chiesa Apostolica Romana ha quindi pensato in alternativa all'olivo. Una fronda vale un’altra nella botanica celeste!
      E che dire degli Umani della varietà Italicus? Con le foglie hanno un pessimo rapporto. Tranne i Napoletani, che per "fogghia" intendevano il loro vero cibo principale, prima dell'infatuazione tardiva per i maccheroni e per la pizza, sedicente "napoletana": i cavoli. Gli Italici, del resto, sono famosi per gettare le utilissime e potenti foglie di ravanello ricche di glucosinolati consumando solo le sue blande radici rosse, e per ignorare a tavola le foglie di carota e di crescione. Insomma, di foglie - mangerecce o no - non capiscono un’acca. Bravissimi, invece, in caso di vergogna, nell’usare le foglie di fico.

05 luglio 2015

CULTURA. L’industria del romanzo: gli amici dei libri o i libri degli amici?

Uno scrittore, tra le centinaia con le amicizie giuste di cui pullula l’Italia, "Paese in cui nessuno legge, ma tutti scrivono", vince il maggior premio letterario, lo Strega, e sùbito si scatenano gli osanna (servili, diranno i soliti invidiosi) e le critiche (invidiose, diranno i soliti amici).

Premi affollati, mondanità, champagne, oh quanta bella gente, madamadoré! E' come per la Chiesa: tanti, troppi, cardinali e vescovi e suore e preti, mentre le chiese sono vuote. Così nell'industria parassitaria del romanzo: tanti gli attori, pochissimi gli spettatori. Infatti le poche librerie sopravvissute sono vuote. I tavoli di esposizione (è lì che si capisce tutto) affollati solo di libri già destinati al successo dall'industria editoriale, o perché televisivi, o perché citati nelle polemiche dei giornali, o perché tradotti dai pochissimi romanzieri di cassetta, tutti americani, o perché di cucina, diete e segni zodiacali. Ben 2700 circa sono gli editori, comprese le tipografie che stampano libri a pagamento (coi soldi dell'autore), ben 63.800 i titoli ogni anno (Istat 2010). E nelle statistiche sono considerati lettori anche quelli che hanno letto al massimo tre libri all'anno (il 45,6%).

Del resto, chi non ha vinto un premio letterario in Italia? Se ne contano centinaia. E tutti hanno pessima fama. Sono, ahimé, lontani gli anni 50, quando regnava su editori, critici e lettori la coppia Alberti-Bellonci, buon'anima. Oggi gli scrittori di fiction sono spesso senza idee, coi dialoghi rimasticati dal cinema, con le solite situazioni o troppo improbabili o banali, mentre molti si fanno riprendere pure per la punteggiatura e la sintassi. D’accordo, anche Moravia non sapeva mettere i punti e le virgole, e se non era per gli editor in redazione... ma questi neo-autori, di successo o falliti che siano, non sono certo Moravia, che pure appare oggi dimenticato, sopravvalutato. Un record in Europa: migliaia sono i libri stampati ogni anno, quasi tutti brutti, mal scritti, dai pessimi titoli, dalle orribili copertine, inutili. Ma servono a foraggiare una miriade di piccoli editori - molti in realtà solo mediocri tipografi - "piccoli solo perché non diventeranno mai grandi", cioè perché non selezionano gli autori, non sanno neanche impaginare, dividere in capoversi, fare un sottotitolo o una decente nota di copertina.

Così va il Mondo, o meglio quella sua piccola parte che è lo Stivale, dove anche la Cultura è un circolo privato, chiuso e molto snob (cioè senza vera nobiltà) e dove regnano amicizie personali, il rito della presentazione, la raccomandazione autorevole, l'industria del consenso. Si ironizza sugli Amici della Domenica nella esclusiva Capalbio, ma certo l'abitudine alla divisione tra "noi" e gli "altri" è ormai inveterata nel provinciale mondo della cultura italiano. Amici di libri, musica e cinema, o non piuttosto libri, musica e cinema degli amici

Intanto, complimenti a La Gioia, che per la verità apprezzai come conduttore al Radio-3 (appunto, e ti pareva?), che ha vinto il premio, e di cui purtroppo non leggerò mai il libro (La ferocia, Einaudi), leggendo solo saggistica, storia e biografie, oltre ai romanzi classici. Però c’è un critico (sarà tale o solo un antipatizzante?) che si diverte al con un "Inno a La Gioia" al contrario. Dove? Sul Giornale, figuriamoci.

Per principio non dò mai il minimo credito ad articoli "politici" (che parolona) dei giornali di Destra come Libero, Giornale o Foglio, ma talvolta nella cultura ci possono indovinare. Com'è possibile? Be', vediamo: i direttori masticano così poco cultura che non dandole importanza lasciano briglia sciolta sugli esperti (o quelli che loro ritengono tali). E poi, abituati a criticare tutto in modo populistico sono più propensi a pubblicare articoli di critica anche nel campo della musica o dei libri. Nonostante la ben nota ignoranza dei lettori di Destra. Invece, la critica culturale è ormai finita da decenni nei giornali di Sinistra, annegati nell'intellettualismo autoreferenziale.

Io, per testimoniare un caso personale, quando giovanissimo scrivevo critiche o inchieste di jazz, dal liberale Il Mondo o dai cattolici Fiera Letteraria e Sette Giorni non ebbi mai una tirata d'orecchi, solo complimenti (per la verità neanche dalla Repubblica, anzi i redattori venivano a complimentarsi con me), mentre all' Espresso che allora era ancora letto e deteneva il monopolio del politicamente corretto, fui accusato da Valerio Riva, caposervizio cultura, di aver suscitato delle critiche (interessate e corporative, sapevo...) di qualche affaristica scuola di musica. Replicai che era strano sentire questo rimprovero da un giornale scandalistico che nelle pagine politiche attaccava tutto e tutti e suscitava centinaia di proteste.

Capìto come funzionava? Loro in politica potevano insinuare qualunque cosa, anche falsa (v. le cose scritte contro il presidente Leone, rivelatesi nei processi non vere), mentre nelle pagine culturali esigevano il più piatto conformismo. Che poi l'industria del libro, dai primi agli ultimi editori, sia in Italia corrotta e incapace per conto suo e affidata a funzionari ed editor inadatti a stampare cultura, ma adattissimi tutt'al più ai depliant turistici o gastronomici (basta dire che in Italia non sanno neanche fare i titoli e le copertine dei libri, mia vecchissime e sempre confermata accusa), è un'aggravante, non una scusante.

01 luglio 2015

GRECIA. Corruzione da decenni, bilanci falsi, evasione. Altro che cattiva Europa!

NEL PAESE DEI FURBAKIS. Avete presente le sdegnate proteste che i tanti Italiani che si definiscono di Sinistra o Ecologisti o Cattolici Progressisti o, un po’ meno, Liberali, meno ancora Laicisti o Radicali, hanno inscenato per anni contro il Malaffare, sempre attribuito alla Destra, ai Fascisti, a Berlusconi, alla Casta politica, ai Monopoli, all’Industria di Stato, ai Pensionati d'oro e altri Parassiti, o – nei convegni – alla Crisi della Democrazia,  invocando come virtù salvifiche il rispetto delle Regole sempre e comunque (“se no, non c’è neanche libertà”, dicevano col ditino alzato), l’Etica politica, l’Onestà nel funzionamento della Polis, il Buongoverno, la Tutela del Territorio e della Natura, il Cittadino responsabile, il Bene Comune, una Urbanistica a misura d'uomo, il carattere Paritario dei rapporti tra cittadino e Stato in Democrazia, la Trasparenza delle decisioni e degli atti, il Conoscere e Far conoscere, il rifiuto in politica del Ricatto, dell’Inganno e della Furbizia machiavellica fine a se stessa, il no all’Intimidazione, alla violenza costituita dalla Disinformazione come prassi in Tv e nella stampa e come Ragion di Stato, l’Intrigo” come Costume Nazionale; ma che dico, la Mafia, come Infezione, anzi Tabe degenerativa di un intero popolo?

Ebbene, eccoli tutti in blocco, le anime belle e pure, i protestatari di professione abituati a stracciarsi le veste (ormai quindi nudi da tempo), dimenticarsi di tutto questo e giustificare l’esatto contrario: il Malaffare della Grecia. Come donnette qualsiasi messe incinte che s'innamorano del "simpatico mascalzone" che le ha stuprate: "Ma quale corruzione da generazioni, ma quali imbrogli di popolo e di Governo, i Greci sono "vittime", non colpevoli". Così un diffuso luogo comune pietistico e pietoso, specie in Italia, Paese cattolico e "femmina", altroché. Sindrome di Stoccolma. Anzi, di Atene.

L'incoerenza, la "solidarietà" piagnucolosa e pelosa di molti Italiani al popolo greco, solo ora che dopo decenni di finanza allegra e finanziamenti europei è stato colpito dalla crisi finanziaria fino al "default" tecnico delle sue finanze (insolvenza verso il Fondo Monetario Internazionale) e dalle decisioni avventuriste e irresponsabili del suo Governo populista sedicente "di Sinistra" ma appoggiato anche dalla estrema Destra, che ha avuto la faccia tosta di interrompere le trattative a Bruxelles e di indire addirittura un fuorviante referendum popolare (e siccome sono di una furbizia senza limiti, perfino su un documento sbagliato...), vuole qualche commento e alcune precisazioni. Perché nessuno degli Italiani "compassionevoli" ha protestato o ha ripreso i Greci negli anni scorsi per il comportamento folle e sconsiderato di popolazione ellenica e suoi Governi, che vivevano al di sopra dei propri mezzi e sempre con soldi in prestito.

La crisi risale, infatti, a molti anni fa, prima, molto prima, che intervenissero, anche con misure sbagliate, Troika-Merkel-FMI-Multinazionali-Gnomi di Bruxelles e altre comode teste di turco su cui far cadere l'ira popolare della demagogia greca. Insomma, ha ragione la antipatica Merkel e hanno torto i simpatici Tzipras, oltre la metà del popolo greco, e i tanti Italianuzzi a parole “di Sinistra” o “Cattolici Progressisti” o Ecologisti” o “Radicali”, ma sotto-sotto Cattolici mammoni e di Destra pronti come al solito a giustificare, perdonare, comprendere, commuoversi per i colpevoli che non hanno rispettato le regole.

La Chiesa è fatta per i peccatori non per gli onesti, mi ripeteva un mio tenace contradditore su Salon Voltaire, il sacerdote Stefano. Infatti siamo il Paese, unico in Europa (se non ci fosse la Grecia), in cui la gente sta d’istinto coi delinquenti e contro la Polizia – v. Napoli – e, a un livello più nobile, v. Nessuno Tocchi Caino (invece, Nessuno Tocchi Abele... beccati questa, “cattolico” Pannella!). Lo vogliamo chiamare pietismo o garantismo? Nessuno delle due: è anarchismo eversivo, ingiustizia massima: si privilegano i disonesti e si penalizzano gli onesti, sia tra persone, sia tra Paesi. 

Vittime i Greci? Certo, ma di se stessi e della classe dirigente che si sono dati (politici, armatori, albergatori, ristoratori), che poi è quella che non paga le tasse, oltre al ceto medio. Ma le vere vittime siamo noi Europei che stiamo facendo sacrifici (v. Italia), ma abbiamo dovuto dare 36 miliardi a quegli imbroglioni, che già sapevano che non ce li avrebbero restituiti mai, solo per permettergli di continuare a vivere nella corruzione e alle spalle degli altri. 

«La Grecia ha già ricevuto più finanziamenti internazionali di quanti ne ha avuti tutta l'Europa dal piano Marshall dopo la Seconda guerra mondiale», ha detto il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker. E poi, sono davvero "poveri" i Greci? Non guardiamo alle frange marginali delle periferie di Atene, Pireo e Salonicco, dove il turismo non arriva, ma al grosso del Paese. Sulla "povertà" del popolo greco bisogna intendersi. La Grecia incamera ogni anno miliardi di euro dal turismo, più dell'Italia. Fanno tutto in nero e moltissimi operatori sono sconosciuti al Fisco. Una trentennale esperienza di Grecia mi ha insegnato che in tutti i villaggi costieri della Grecia continentale e in tutte le isole, operano una massa di affittacamere a prezzi analoghi a quelli italiani di livello corrispondente, se non superiori (per intenderci un villaggio bruttino o mediocre 50 euro e più a notte). Infinito il numero di taverne e ristoranti locali aperti solo d'estate (che in Grecia va da marzo a novembre!). Ebbene, dove vanno tutti questi soldi e come mai lo Stato non li intercetta sotto forma di tasse se non in minima parte?

Insomma, va ribadito che in Grecia le ruberie di Stato e dei cittadini, le falsificazioni di bilanci ufficiali e statistiche, gli errori, i vizi, le furberie di massa - altro che solo Governo e classe politica - sono ben anteriori, e di molti decenni, alle misure europee e FMI. Furbi anche in questa mistificazione i Greci e le loro quinte colonne in Italia. Come mostra questo articolo.

Prendiamo a esempio le spese militari (p.es. acquistati nel 2010 in piena crisi due inutili sottomarini, v. immagine, pure difettosi, oltre a centinaia di costosissimi inutili carri armati Leopard, più di Germania, Francia e Italia, privi di munizioni però, come ha scoperto un’ inchiesta del N.Y. Times riportata da Il Post (che ha il link originale).

Ma questo è solo uno dei tanti perché del pazzesco deficit greco conseguente a corruzione, debito pubblico (ma soprattutto privato, prova Bagnai), ruberie, trucchi, abusivismi edilizi, distruzione del territorio, pensioni a 50 anni, finte invalidità, inefficienza, evasione fiscale e voglia di vivere nel benessere – alle spalle dei Paesi che gli fanno prestiti – anche senza lavorare. Ebbene, il suo esercito non ha mai sparato neanche un razzo di Capodanno, e del resto non saprebbe come spararlo, eppure è il Paese con più alte spese militari in rapporto al PIL (v. grafico nel blog dell’economista Bagnai).

Insomma, è una impietosa ma buona sintesi la battuta del Presidente del Consiglio italiano, il fiorentino scaltro Renzi: "Tsipras non pensi di essere più furbo degli altri: noi Italiani non abbiamo cancellato le pensioni baby per permettere di mantenerle ai Greci!", come riporta un articolo di Huffington Post. E i furbissimi (loro si credono) Tzipras e Varoufakis si sono infilati in un vicolo cieco, proprio a causa della loro furbizia plateale. Non si accorgono che gli altri se ne accorgono? Ecco un errore di ingenuità che commettono spesso Greci, Indiani, Arabi e Orientali quando vogliono ripercorrere le orme de "Le Mille e una Notte". 

Ma siccome i furbi sono più simpatici degli onesti ecco che qualche bello spirito ha pensato bene di creare una colletta internazionale per tentare di colmare il deficit statale che il popolo greco, più volte invitato, si rifiuta di ripianare. Cosa mai fatta in favore di nessun Paese onesto e virtuoso. Davvero, con questi cittadini infantili, emotivi e ignoranti che ci ritroviamo, conviene essere mascalzoni!

AGGIORNATO IL 15 LUGLIO 2015