16 agosto 2016

CORPO e sport di oggi. Altro che cultura classica: gli atleti sembrano disarmonici.

Siete degli esteti? Allora è meglio che non assistiate alle gare delle Olimpiadi in modo troppo critico. Se davvero lo sport di oggi, è ormai solo spettacolo, che spettacolo è quello di un’èlite super-selezionata, che allo spettatore appare stranamente goffa e sgraziata, quasi deformata dall’eccesso di esercizio fisico e dalla competizione agonistica più dura? Ma non si era detto che lo sport, l’atletica, le Olimpiadi, sono l’inno al rigoglio fisico della migliore gioventù e, in particolare, queste ultime, il mito realizzato del dilettantismo più puro e disinteressato?
      Macché. Certo, ci sono atleti giovanissimi che esplodono all’improvviso nelle Università e fanno un’apparizione effimera, per poi tornare nel magma indistinto della folla da cui provengono. Ma si sono visti anche atleti pateticamente attempati, che perdono capelli, incanutiscono e invecchiano anzitempo a forza di calcare le piste, come vecchi attori, esperti, sì, ma spompati, finendo per gareggiare anche per quattro Olimpiadi di seguito, cioè per quasi 20 anni. Una continuità e un impegno che ricordano tanto il professionismo. Ma questo è un altro discorso.
      E allora,, quei segni evidenti di degrado fisico che osserviamo con stupore in televisione vogliono dire che gli atleti olimpici vengono scelti dal Caso tra il popolo, su cui hanno inciso abitudini e stili di vita sbagliati, oppure sono già segni di “malattia professionale”, effetti collaterali dello stress del professionista? Insomma, troppo poco o troppo sport?
      Sarò condizionato dalla cultura classica del corpo che – colpa dei Greci, per lo più piccoli e bruttini – ha abbellito in modo esagerato e innaturale fino a idealizzarlo il corpo degli Dei e degli Eroi, per dimostrare vera l’identità filosofica tra il kalòs (bello, armonioso) e l’agathòs (buono, valoroso); però, lasciatemelo dire, quanti corpi sproporzionati si sono visti alle ultime Olimpiadi!
      Lo so che è lessicalmente e filosoficamente scorretto pensare e dire queste cose, in certi casi addirittura vietato, proprio in quell’Occidente pseudo-liberale che si permette di insegnare la libertà al Mondo, mentre non mostra di apprezzare o addirittura tollerare né lo spirito critico, né la satira. Come sa bene Giuseppe Tassi, direttore del Quotidiano Sportivo, licenziato dal proprietario Riffeser per aver dato, e pure affettuosamente, delle “cicciottelle” ad alcune arciere italiane.
      Ma appunto per questo sottolineo con forza il diritto di dire la propria opinione anche in fatto di estetica, e comunque il diritto a usare le parole più chiare e dirette tramandateci dalla nostra grande letteratura - nel massimo rispetto delle persone, s'intende - senza essere costretti all'ipocrisia dei giri di parole o neologismi, o senza essere condannati alla censura.
      Ma purtroppo oggi tutti si vergognano di tutto, e soprattutto non amano essere definiti. Una curiosa pruderie piccolo-borghese per cui l'antico spazzino deve essere chiamato "operatore ecologico", l'antica serva dapprima è diventata "cameriera", poi "collaboratrice domestica", e lo zoppo o sciancato di Shakespeare, Ovidio e Boccaccio è stato trasformato prima in handicappato, poi in"disabile", ora ancor più ipocritamente in "diversamente abile".
      Figuriamoci se a uno dai in pubblico e per iscritto del "ciccione", sia pure bonariamente: il suo avvocato lo spingerà a querelarti! Le parole, per chi è ignorante, non hanno o hanno perso la loro antica dignità letteraria. Oggi per i molti incolti della società di massa, su cui si fonda la finzione rituale della Democrazia, le definizioni, non parliamo poi dei giudizi di valore, delle gerarchie estetiche, della stessa critica, sono diventate tabù. Del diritto di parola e della libertà di espressione (che mette tutti sullo stesso piano: tutti possono replicare con altrettali parole) non sanno che farsene. L'unica preoccupazione è l’esigenza populistica ed “elettoralistica” (i lettori sono anche elettori) di non urtare la suscettibilità di nessuno, anche se infondata perché non c'era nessuna volontà di offendere.
      Perciò, non si può dire che molti atleti moderni sono "brutti", ma al massimo e solo eventualmente, a parere personale, comparati con i modelli estetici delle statue antiche, disarmonici, muscolarmente sbilanciati.
      Eppure certe immagini parlano da sole, Signori Giudici, di vero e proprio sovrappeso, perfino di obesità: basta avere gli occhi per guardare! E la Storia dello sport parla: ci sono stati perfino portieri di calcio pesanti ben 130 chilogrammi.
      Eppure, rendendo ancora più ipocrita l’idealizzazione scultorea dei Greci, che almeno era soltanto etico-estetica, anche i moderni mistificatori pretendono che gli Eroi, gli Dei di oggi (e che altro sono gli atleti vincitori?) siano dipinti non come sono in realtà, come appaiono a tutti, visto che le fotografie si diffondono dappertutto via web, ma come sono stati idealizzati dalla pubblicità, dal mercato, dalle squadre e dagli allenatori. A scopo di lucro, s’intende, cioè di obnubilamento collettivo, perché gli atleti, specie quelli che vincono, devono apparire sovrumani in tutto, anche nella bellezza, se vogliamo che il sistema consumistico che investe miliardi di euro ogni anno su questi nuovi Miti religiosi che hanno preso il posto delle Religioni rivelate (solo in Occidente, purtroppo...) continui a funzionare e a produrre profitti inutili e parassitari, dietro cui non c’è nessun bene concreto.
     Ma noi, sarà per il nostro pericoloso estetismo naturalistico, per la passione per i canoni di bellezza e armonia delle proporzioni che tra Antichità greco-romana e Rinascimento sono stati valori eccelsi della grande civiltà dell’Occidente; ma anche per l’ammirazione della naturalità del corpo umano in sé, che se lasciato a se stesso, cioè alla Natura dell’Uomo, è sempre bello (ideologia che ci fece scrivere da giovani una “Guida al Nudo”, come un baedecker alla riscoperta della nostra corporeità nascosta e umiliata dalle Chiese e dall’ottusità psicopatologica di alcuni Umani), continueremo a far notare la stridente contraddizione che pochi notano, e nessuno denuncia.
      Gli Eroi e Dei di oggi, cioè gli atleti vincitori, sono fintamente, scandalosamente idealizzati nelle forme, proprio come nelle statue dell’arte classica. Ma mentre gli scultori greci e romani, perfino l’ultimo copista, riuscivano a dimostrare visivamente la bellezza e armonia della loro ricostruzione idealizzata di popoli tozzi, brutti e contadini, rotti a tutte le fatiche agricole, pastorali e militari, creando almeno delle opere d’arte eccelse del tutto avulse dalla realtà antropologica, ma appunto per questo eterne, i mistificatori degli eroi d’oggi (gli atleti) non creano nulla, ma si limitano a vietare che qualcuno dica che in una folla di semi-dei prefabbricati, tutti perfetti, tutti uguali, tutti artificialmente “belli”, sono numerosi i casi in cui davvero “il Re è nudo”, cioè brutto, sgraziato, deforme, goffo, troppo magro, perfino troppo grasso. Vizi imbarazzanti perfino per anonimi passanti in una qualsiasi città moderna, figuriamoci per la “elite del genere umano”, come viene considerata in modo enfatico dall’immaginario collettivo, specialmente giornalistico-giovanile, il mondo dello sport.
      La realtà, anche qui, è diversa: accanto a corpi eumorfici, anche se spesso anonimi, perfino nel mondo degli atleti, da quando esiste documentazione fotografica, una consistente percentuale è davvero disarmonica in confronto alle testimonianze di bellezza e armonia lasciateci dagli artisti del passato (v. foto di confronto). E lasciamo stare le facce, che pure sarebbero un divertente capitolo a sé, ma proprio nello sviluppo e nella proporzione di arti e muscoli su cui dovrebbe basarsi la stessa attività sportiva. Colpa di fattori genetici d’una ancora troppo recente civiltà contadina (e cioè paradossalmente poco sport e poca vita sana nelle ultime generazioni), oppure troppo sport (p.es. allenamenti esagerati e inumani fin dalla prima adolescenza, tali da deviare perfino lo sviluppo somatico)? Probabilmente non sarà né per l’uno né per l’altro.
      Allarma anche nello sport, specialmente in quello dilettantistico, questa divaricazione tra l’essere e il sembrare che è comune in tutte le attività, dalla politica alla cultura. Sembrava che almeno nell’esercizio fisico il corpo umano dicesse di primo acchito la verità, tutta la verità. Ma così non è. Cosicché alcuni sportivi, a guardarli o “non hanno il fisico” o ce l’hanno fin troppo: deformato, ridicolo. Pochi in proporzione, è vero, ma è una percentuale (5-10-20%?) che allarma. Neanche più dello sport ci si può fidare se si guarda alla bellezza, all’armonioso sviluppo del corpo.
      Fatto sta che certe gare non sono proprio un bel vedere. Galli da combattimento, tori da corrida, comunque animali d’allevamento dalle forme spesso sgraziate. O sembrano gobbi e curvi sotto il peso di abnormi muscoli delle spalle come certi nuotatori, oppure magrissimi e tutti tendini come fondisti e maratoneti (ecco perché gli Etiopici si trovano a loro agio), o altrimenti grotteschi perché gonfi di pettorali, bicipiti o quadricipiti. Ma altri, e non pochi, li prenderesti per gente qualunque, impiegati sedentari, pensionati-baby tutti poltrona-e-tv, già calvi o stempiati, insomma gente dall’aria anzianotta, per niente “sportiva”, a cui magari chi li incontra per caso senza sapere che sono Olimpionici consiglierebbe di «fare almeno un po’ di moto, se proprio non ce la fanno con lo sport», ma soprattutto di «stare a dieta per un paio d’anni»!
      Fatto sta che una semplice carrellata a caso tra le immagini reperibili sui giornali e su internet ci mostra un grado meravigliosamente alto di variabilità e diversità somatiche dei nuovi semi-dei che sono gli atleti, in totale discontinuità con l’idealizzazione della statuaria greco-romana.
     Atleti di ieri e di oggi scelti a caso, le cui immagini si trovano su internet, ai quali, sia ben chiaro, deve andare tutto il nostro e l’altrui rispetto, e perfino amore, sì, perché rappresentano quella piccola parte degli uomini che potrebbe vivere senza fatica come tutti, e invece pur di raggiungere l’ideale dell’eccellenza cerca nell’esercizio fisico, nell’intelligenza del corpo, nel superamento del dolore, il riscatto di una triste umanità pigra e sedentaria, indifferente a qualunque merito.

AGGIORNATO IL 17 AGOSTO 2016